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venerdì 1 giugno 2018

OBBLIGO O VERITÀ

di Matteo Marescalco

Un anno dopo aver piazzato due incredibili successi di incasso e di critica come Get Out (176 milioni di euro al botteghino a fronte di un budget di 4 milioni e mezzo e un Oscar alla Miglior Sceneggiatura Originale) e Split (budget di 9 milioni e incassi di 138), torna al cinema il guru dell'horror contemporaneo, Jason Blum, che, con la sua Blumhouse, annovera tra i successi anche titoli come Paranormal Activity, Insidious, The Visit, La notte del giudizio, Ouija, Sinister e molti altri ancora.

Obbligo o verità si inserisce pienamente nella politica Blumhouse: basso budget, target ben definito, struttura da high concept movie e brividi ben calibrati. La macchina produttiva di Jason Blum ottiene, anche questa volta, il suo obiettivo anche se il film appare meno brillante dei precedenti oggetti industriali nominati. Alla base di tutto c'è il solito gruppetto di amici che decidono di trascorrere insieme il loro ultimo spring break in Messico. La vacanza trascorre tra Instagram Stories e post su Facebook che mostrano al mondo la spensieratezza del week-end. L'ultima sera a base alcoolica, i ragazzi incontrano un coetaneo che li indirizza ad una chiesa abbandonata dove decidono di giocare ad obbligo o verità in compagnia dello sconosciuto. Purtroppo per loro, il gioco non termina con la fine della vacanza ed il ritorno in università: una forza oscura, infatti, li obbliga a continuare a rispondere alle domande e ad alzare la posta in gioco, minacciando le loro vite in caso di ritiro dal rigido meccanismo ludico. Il banale obbligo o verità si trasforma in un portale attraverso cui il Male prova a conquistare il mondo.

Senza dubbio, questo Obbligo o verità è un prodotto meno raffinato rispetto ad altri titoli targati Blumhouse. Tuttavia, riesce a portare a casa il proprio obiettivo senza troppe difficoltà e dimostrandosi sempre consapevole dei meccanismi drammaturgici alla base del genere horror (benchè i livelli metatestuali di Quella casa nel bosco siano lontani) e della contemporaneità in cui il film si inserisce. Il meccanismo virale dei social network si dimostra, come nel caso di Unfriended, quanto mai adeguato a favorire la diffusione del Male nel mondo e a coinvolgerlo nel gioco. Tutta la prima parte del film è costruita attraverso una dialettica intermediale tra le immagini cinematografiche e gli stilemi linguistici dei new media che si innestano nel tessuto visivo e creano un link immaginario verso gli spettatori più giovani e più abituati, quindi, ad usufruire di ambienti mediali del genere.

Obbligo o verità si mostra candidamente consapevole di essere un prodotto medio realizzato per intrattenere il pubblico adolescente. Un plauso va all'assenza di un elevato numero di jump-scares: la paura è tutta una questione di sguardo e di deformazioni facciali (nell'era dei selfie e del primo piano è abbastanza logico che sia così). Niente di nuovo se non una gran consapevolezza e voglia di realizzare buon intrattenimento.

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