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sabato 22 aprile 2017

BOSTON-CACCIA ALL'UOMO

di Matteo Marescalco

*recensione pubblicata per Point Blank 

Nella Boston del 1975, la vita di tre ragazzini sarebbe cambiata per sempre in seguito al rapimento di uno di loro da parte di due uomini, apparentemente un poliziotto ed un sacerdote. Il ragazzino sarebbe stato violentato per tre giorni riuscendo, infine, a fuggire e a tornare a casa. 25 anni dopo, in una progressione kinghiana, la tragedia si sarebbe risvegliata dal torpore, abbracciando nuovamente, come un oscuro spettro, la cittadina bagnata dal fiume Mystic. E la frase pronunciata da Dave Boyle/Tim Robbins («Io non mi fido più nemmeno della mia mente, Celeste. Devo avvertirti») ha una parentela più o meno diretta con l'affermazione di Tommy Saunders/Mark Wahlberg («Non riesco a capire, non so cosa ho visto, ma quelle immagini non se ne vogliono andare dalla mia testa») in una Boston meno persa nei suoi voluttuosi gorghi e nella critica al potere ufficiale ma più schematica e lineare, quasi come fosse un circuito elettrico di manniana memoria.

15 Aprile 2013. Una serie di esplosioni getta nel caos la tradizionale maratona del Patriots Day, causando la morte di 3 persone ed il ferimento di altre 264. Il clima festivo è interrotto dall'ipotesi terroristica e dalla rapida diffusione di immagini e video sull'attentato. FBI e polizia locale conducono le indagini contando sulle riprese delle videocamere di sorveglianza e su ogni tipologia di dispositivo mediale. 

mercoledì 12 aprile 2017

FAST & FURIOUS 8

di Matteo Marescalco

Quella che ritorna in sala il 13 Aprile è una delle maggiori saghe del cinema americano contemporaneo, in grado di rinnovarsi come poche altre e di raggiungere un livello di spettacolarità e di consapevolezza di sè stessa senza pari, inglobando, nel suo sviluppo, anche elementi legati alla realtà che hanno rischiato di scuoterne le fondamenta. Il settimo capitolo di Fast & Furious, funereo ed elegiaco, terminava con il fantasma di Paul Walker (il suo corpo analogico è diventato, a tutti gli effetti, digitale) che sceglieva una vita diversa, lontana dalle competizioni automobilistiche, insieme alla compagna Mia. L'ottimo James Wan si è dimostrato in grado di consentire alla saga di raggiungere lo spannung e di chiudere l'episodio con un addio che faceva sussultare il cuore, ponendo, ancora una volta, l'attenzione su una pietra angolare di Fast & Furious: l'importanza della famiglia, concetto che viene più volte ribadito da Dominic Toretto. 

Quest'ottavo episodio è stato affidato alla mano di F. Gary Gray, che dona al film un tocco più cupo, dopo il concentrato di azione e di montaggio ultra frenetico di James Wan, complice anche la scomparsa di Brian, che la sua famiglia si trova improvvisamente a dover metabolizzare. La minaccia, questa volta, è rappresentata da Cipher, un'algida Charlize Theron che presta il proprio volto ad un criminale informatico invisibile per l'intera società. L'idillio cubano termina rapidamente per Dom Toretto che subisce la carismatica influenza del lato oscuro (ed invisibile) della Forza. Cipher utilizza l'occhio di Dio, un potere senza corpo ed ubiquo in grado di cogliere e di anticipare ogni immagine del reale, e i suoi derivati per scatenare un esercito di automobili-zombie che devono, tuttavia, soccombere di fronte ai colpi dei corpi attrazione di Dwayne Johnson e Michelle Rodriguez. Il corpo, residuo classico per eccellenza, è il collante che tiene unito il lato fantascientifico ed umanistico della vicenda e catalizza l'attenzione dello spettatore, grazie a funamboliche sequenze che spingono ulteriormente l'asticella dello spettacolo. Anche la trama, questa volta, è sottoposta ad una serie di spinte centrifughe che ne minano la linearità senza intaccarne la compattezza. 

Fast & Furious 8 è un melodramma che non si vergogna di mostrare Dwayne Johnson deviare
missili a mani nude. In fin dei conti, è in questa semplice sequenza che risiede il grande cuore della saga. Quello di un "fantastico" cinema attrazione che, tramite la propria forza cinetica, mira allo stomaco dello spettatore, garantendogli risate ed emozioni. Nessuno si fa male e tutti tornano a casa con la consapevolezza di aver preso parte ad un gigantesco gioco che, ad ogni puntata, si prolunga, attendendo che le sensazioni dei suoi spettatori tornino ad animarlo. 

martedì 11 aprile 2017

BABY BOSS

di Matteo Marescalco

Tom McGrath, Alec Baldwin, Tobey Maguire, Steve Buscemi, Jimmy Kimmel e Lisa Kudrow sono i grandi nomi dietro Baby Boss, ultimo progetto d'animazione della Dreamworks Animation.
Tim Templeton è un bambino felice, i genitori lavorano nel reparto marketing di una grande azienda ma, nonostante gli impegni, riescono a dedicargli tanto tempo. Tim è anche dotato di una fervida immaginazione che gli consente di vivere ogni banale situazione come se fosse un'avventura ai confini della realtà. All'improvviso, però, come un fulmine a ciel sereno, la situazione muta: un fratellino modifica le gerarchie familiari, relegando Tim al secondo piano. Agli occhi di Tim, il nuovo arrivato è un piccolo boss, impegnato a monopolizzare le attenzioni dei genitori e con l'unico obiettivo di portare a termine una missione segreta. Giacca, cravatta, telefono perennemente con sé, valigetta ventiquattr'ore, baby boss, in effetti, lavora per un'azienda che si occupa di neonati, al centro della cui agenda c'è il fine di contrapporsi al calo della natalità e all'aumento vertiginoso degli animali da compagnia. I rivali, tuttavia, sono altrettanto agguerriti. 

Negli ultimi anni, il cinema di animazione si è affermato come uno dei generi più vitali, laboratorio di sperimentazione di forme e contenuti, rivolto a bambini e ad adulti in modo abbastanza indifferenziato. Se dalla Pixar o dallo Studio Ghibli è lecito aspettarsi sempre un prodotto che riesca ad alzare ulteriormente l'asticella, i dubbi su questo film della Dreamworks erano giustificati ma, alla fine della proiezione, si sono rivelati assolutamente infondati. Fin dalle prime sequenze, infatti, Baby Boss delinea una perfetta situazione di scontro tra la realtà che circonda Tim e quella prodotta dalla sua fervida immaginazione che viene oggettivata dal team dei creatori in modo accattivante e surreale. La stessa costruzione da commedia è retta da basi che non rischiano mai di cedere perché equilibrate da un versante formale perfettamente accordato. Nelle fantasticherie ad occhi aperti, gli animatori si sbizzarriscono inserendo le sequenze d'azione più adrenaliniche che, ovviamente, cozzano fortemente con i loro protagonisti, dei semplici poppanti, generando un inevitabile effetto comico che fa presa sullo spettatore. L'idea alla base della narrazione è quella che una sorta di catena di montaggio, alla nascita dei bambini, li assegna alla famiglia o al lavoro d'azienda. I dirigenti occupando una posizione delicata e, sovente, si trovano a svolgere una serie di missioni segrete.
 
Insomma, il nostro giudizio sul film è assolutamente positivo. I primi due atti sono di altissimo livello e sfociano in una conclusione che, probabilmente, perde la progressiva carica dirompente della prima parte del racconto, nel suo aderire a schemi più precisi e lineari, ma che non intacca più di tanto il risultato complessivo di Baby Boss. Dal 20 Aprile al cinema, con una speciale anteprima il 17! Da non perdere, per bambini ed adulti!

giovedì 6 aprile 2017

UNDERWORLD: BLOOD WARS

di Matteo Marescalco

Questo quinto episodio della fortunata saga di Underworld trasuda ignoranza canina da ogni poro, per citare una battuta del film. I primi episodi della saga annoveravano attori come Bill Nighy e Michael Sheen, quest'ultimo può vantare Charles Dance, valore aggiunto in un cast poco brillante in cui a dimostrarsi fuori luogo più di tutti è il giovane Theo James. 

Da tempi immemori, Vampiri e Licantropi si affrontano in una guerra che sembra non avere fine. Entrambe le specie hanno subito mutazioni che hanno contaminato la loro purezza ma che, allo stesso tempo, le hanno rese più potenti. Selene, la protagonista assoluta, è costretta a difendersi dai brutali attacchi che le vengono sferrati dal clan dei Lycans e dalla fazione dei Vampiri da cui è stata tradita. Per porre fine alla guerra, Selene dovrà affrontare i propri fantasmi interiori ed essere disposta al sacrificio estremo.
 
Tutto l'universo di Underworld (e quindi anche di questo Blood Wars) è costruito su un'eleganza estetica non da poco: i vampiri indossano tute in latex, sono eleganti, pallidi, inguainati ed austeri; i licantropi presentano caratteristiche del tutto opposte. Soffermandoci unicamente su questo aspetto, Blood Wars è un prodotto che, in fin dei conti, si difende dignitosamente. L'arredamento kitsch, la perenne oscurità e l'azione compulsiva sono gli aspetti principali di una saga che ha avuto una lunga durata nel tempo ma che, probabilmente, non è riuscita a perseguire l'idea di movimento totale della coeva Resident Evil. La stessa Milla Jovovich appare più a suo agio nelle vesti di nume tutelare di una saga e nei panni di un'eroina tuttofare che picchia, sgambetta e uccide di quanto non sia Kate Beckinsale. Dimenticando le frequenti cadute a livello di scrittura, Blood Wars è un modo come un altro per trascorrere un'ora e mezza all'insegna del divertimento senza pretese. 

sabato 1 aprile 2017

LE COSE CHE VERRANNO

di Matteo Marescalco

*recensione pubblicata per Point Blank

Alcuni caratteri accomunano Elle di Paul Verhoeven e Le cose che verranno di Mia Hansen-Love, entrambi recitati da Isabelle Huppert. Nel primo film, l'attrice francese è Michèle Leblanc, una manager a capo di una casa di produzione per videogame, violentata nella sua abitazione da un uomo mascherato che riesce a fuggire. Qualcosa in lei la spinge ad aspettare che il suo stupratore torni.
Le cose che verranno, invece, le offre la possibilità di interpretare Nathalie, una docente di filosofia in un liceo di Parigi. Un tempo comunista militante nonché aperta sostenitrice di idee rivoluzionarie, ha convertito l'attivismo giovanile in un idealismo privato che si esplica nel confronto vivo e partecipe con i suoi studenti. Il contesto di apparente e rassicurante serenità, tuttavia, muta rapidamente: la morte della madre ed il tradimento del marito spingono la donna ad interrogarsi sulla propria esistenza e a reinventarsi una nuova vita. 

La prima sequenza di Le cose che verranno mostra Nathalie su un battello intenta a correggere il compito di un alunno con su scritto il quesito filosofico: «Possiamo metterci al posto dell'Altro?». Un primo nucleo tematico è delineato. Questa continua tensione a divenire altro da sé, alla polarità opposta, anima il quinto film da regista di Mia Hansen-Love, che ha costruito il proprio prodotto su una costante oscillazione: quella tra orizzonte pubblico e privato, tra mondo delle idee e della realtà, «tra l'euforia e la malinconia», per citare il protagonista di Eden, popolato dai corpi liberi di giovani che si muovono tra fantasmi, spazi inaccessibili, drammi sentimentali e innovazioni tecnologiche. [...]