C'è un aspetto che accomuna quest'ultimo episodio della saga di Resident Evil, la serie tv britannica Utopia e la recente trasposizione del romanzo di Dan Brown, Inferno. In tutti e tre i prodotti, si parla di sterminio controllato dell'umanità, di una purificazione sotto stretta sorveglianza che, secondo la volontà degli antagonisti principali, porterebbe il mondo ad una rinascita. Ovviamente, la serie tv e i due film declinano la tematica a seconda del proprio stile e del target di pubblico cui si rivolgono. E da Resident Evil: The Final Chapter non ci si aspetta chissà quale riflessione di natura teorica o filosofica.
Come il lettore ben sa, questo settimo capitolo della saga è il sigillo finale di una serie del brand cinematografico tratto dall'omonimo videogioco survival horror creato da Capcom, uscito originalmente nel 1996 su PlayStation, e che ha fornito il pretesto per una narrazione transmediale che ha trovato, nel corso degli anni, il suo sviluppo. Protagonista assoluta della saga (che, comunque, si è discostata ampiamente dal videogioco) è Milla Jovovich che impersona Alice, una ragazza che si trova alle prese con zombie e mostri di varia natura, a causa del Virus T, diffuso dalla Umbrella Corporation, la più potente casa farmaceutica al mondo. In The Final Chapter, Alice dovrà salvare l'ultimo avamposto umano alla ricerca dell'antivirus che potrebbe portare la normalità nel mondo, dopo essersi scontrata con una serie di automi che fanno pensare ai replicanti di Blade Runner.
Il sesto capitolo della saga fa tesoro della struttura drammaturgica dei videogames ed è costruito sulle
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