Powered By Blogger

venerdì 24 novembre 2017

ASSASSINIO SULL'ORIENT EXPRESS

di Matteo Marescalco

Un lussuoso treno attraversa un freddo scenario invernale dominato dalla neve e dalle montagne. Dentro il treno l'atmosfera è soffusa ed il cibo è ottimo. Peccato che la calma che regna sovrana venga improvvisamente sconvolta da un omicidio. Ad essere ucciso è Ratchett, un losco individuo dal passato poco chiaro, colpito al petto da svariate coltellate di forte intensità. Chi dei distinti passeggeri è il colpevole? Il compito di condurre le indagini spetta ad Hercule Poirot, celebre invenzione letteraria di Agatha Christie.

Il baffuto personaggio, questa volta, è interpretato da Kenneth Branagh, che ha curato anche la regia dell'adattamento, caratterizzato dalla presenza di un cast che farebbe invidia a tutti: Johnny Depp, Judi Dench, Michelle Pfeiffer, Penelope Cruz, Willem Dafoe, Derek Jacobi e Daisy Ridley ci prendono per mano e ci accompagnano lungo questo estenuante viaggio.

Basterebbe il solo incipit di una decina di minuti a contestualizzare l'operazione produttiva di Branagh, regista ed attore di forte stampo teatrale. Quella mise en abyme delle metodologie di indagine di Poirot restituiscono un personaggio che difficilmente si limiterà ad orchestrare il dramma e a traghettare i personaggi. Branagh pone costantemente sé stesso al centro di ogni scena, dimostrando un egocentrismo di notevole intensità. Ogni sequenza è perfettamente orchestrata e girata, l'attenzione ai dettagli ed ai dialoghi è notevole ma quello che sembra mancare è una certa naturalezza cinematografica. Si ha l'impressione che ogni gesto sia fin troppo teatrale, finendo per restituire allo spettatore un senso di oppressione. I personaggi entrano in scena dopo un lungo piano sequenza che ricerca la spettacolarizzazione chiedendo in sacrificio l'approfondimento psicologico dei caratteri portati sullo schermo.

Il senso veicolato dal racconto passa attraverso le scelte di regia (i movimenti di macchina) piuttosto che attraverso la scrittura. Questa trasposizione di Kenneth Branagh è uno di quei casi in cui la regia non è al servizio della sceneggiatura (che, per quanto riguarda la collocazione dei turning point si mostra anche abbastanza imprecisa). Il rischio di inserire la prima svolta narrativa in corrispondenza del 45esimo minuto è quello di perdere completamente l'interesse dello spettatore. Al termine della visione, rimane ben poco in mente (e peggio ancora, ancorato al cuore). L'unico personaggio a presentare un arco narrativo compiuto è il solo Hercule Poirot (a dimostrazione di quanto sia lui il centro focale del film, anche in vista di una serializzazione del prodotto). I delitti, le passioni, i tormenti e le sofferenze dei personaggi secondari rimangono nel dimenticatoio o, comunque, sono assolutamente insufficienti per delineare la loro trasformazione e la risoluzione di un conflitto.

Ben poco si salva di questa operazione, mero divertissment posticcio ed artificioso, insincero ed incapace di trasformarsi in qualcosa di davvero interessante.

Nessun commento:

Posta un commento