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martedì 17 ottobre 2017

LA BATTAGLIA DEI SESSI

di Matteo Marescalco

Nel 2006, Little Miss Sunshine sdoganava al grande pubblico il cinema americano indipendente, rivelandosi un enorme successo che avrebbe prodotto consistenti guadagni per la Fox Searchlight, responsabile dei diritti di distribuzione del film, che firmò uno degli accordi più remunerativi della storia del Sundance Film Festival. Di fronte ad un budget di 8 milioni di dollari, il film ne avrebbe guadagnati 100, portando a casa anche quattro nomination agli Oscar e due vittorie (per la miglior sceneggiatura originale ed il miglior attore non protagonista). Dopo una carriera precedente al cinema dedicata a pubblicità, cortometraggi e video musicali (Jonathan Dayton e Valerie Faris sono conosciuti a livello internazionale soprattutto per aver realizzato video per Oasis, R.E.M., Ramones, Britney Spears e Red Hot Chili Peppers), il nome della coppia inizia ad affermarsi prepotentemente nell'immaginario collettivo.

Nel 2017 è la volta di La battaglia dei sessi, film che rinnova la collaborazione con Steve Carell e annovera nel cast anche Emma Stone, Andrea Riseborough, Bill Pullman ed Alan Cumming. Girato in pellicola 35 mm per riprodurre i colori e la consistenza degli anni '70, il film è incentrato sulle figure di Billie Jean King, tennista californiana che si batte per ottenere, a parità di mansioni, la stessa retribuzione degli uomini, e di Bobby Riggs, ex campione ormai in pensione. Riggs, maschilista convinto, decide di sfidare a tennis Billie Jean, per dimostrare al mondo, una volta per tutte, la superiorità degli uomini sulle donne, per resistenza fisica e gestione dello stress. Il 20 Settembre 1973 è la data che segna uno spartiacque nella storia: scendono in campo Billie Jean King e Bobby Riggs in quella che sarebbe stata definita la battaglia dei sessi, una delle partite di tennis più famose della storia.

Diventa subito evidente quanto al centro di questo film, confezionato come un prodotto indipendente ma scritto tenendo conto della narrazione hollywoodiana (e, soprattutto, rivolto ad un largo pubblico), non ci sia soltanto il tennis né, tantomeno, la semplice questione uomini-donne. Piuttosto che il match di tennis, ad interessare i due registi sono le modalità di rappresentazioni dei personaggi che entrano in gioco e, soprattutto, la costruzione mediatica edificata attorno ad essi. Bobby Riggs è una creatura mediatica, occupa le copertine delle riviste (una fotografia lo ritrae nudo con una racchetta a coprirgli i genitali), è consapevole di quanto sia importante la sua immagine, soprattutto in chiave sessuale. Viceversa, la più debole immagine pubblica di Billy Jean è strettamente connessa ad una sua evoluzione sessuale che troverà un suo compimento lungo tutta la durata de La battaglia dei sessi. Ampia attenzione viene anche dedicata al mondo della moda. In quello che sarebbe potuto essere un film occupato, per lo più, dalla questione dei pari diritti (e che poteva essere trasformato, quindi, in un mero pamphlet politico), un ruolo fondamentale dello scontro è attribuito ai responsabili di moda e della creazione delle divise sportive indossate da Riggs e King. Piuttosto che su un campo da tennis, la battaglia si gioca in spazi chiusi: in camere d'albergo e nella abitazioni private, in cui si consumano anche gli scontri tra moglie e marito.

La battaglia dei sessi si concentra soprattutto sul dietro le quinte e sulla discrasia tra realtà ed evento mediatico. La stessa figura di Bobby Riggs è legata ad una sua rappresentazione nettamente iperbolica che finisce per renderlo quasi simpatico (o, comunque, non propriamente ostile) agli occhi del pubblico. I veri cattivi, quelli che credono davvero nella superiorità degli uomini sulle donne si situano altrove. In tal senso, attenzione al personaggio interpretato da Bill Pullman, vero villain del racconto. Pur non essendo ai livelli di Little Miss Sunshine e di Ruby Sparks, quest'ultimo film di Jonathan Dayton e Valerie Faris fa presa sul pubblico e riesce a conquistarlo senza troppa difficoltà, senza assolvere né condannare i suoi personaggi. Semplicemente, raccontando un fatto storico.

1 commento:

  1. Mi incuriosisce tantissimo ma questo weekend devo assolutamente vedere IT. Però lo recupererò.

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