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mercoledì 27 aprile 2016

WILDE SALOMÉ

di Matteo Marescalco

Dopo essere stato presentato alla 68esima Mostra del Cinema di Venezia, in occasione del conferimento del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker ad Al Pacino, Wilde Salomé arriverà anche nelle sale italiane il 12 Maggio, distribuito da Distribuzione Indipendente.
Il 2011 ha regalato al mondo del cinema una nuova diva: Jessica Chastain. Capelli fiammanti e sguardo magnetico, la giovane è stata lanciata nel mondo dello spettacolo proprio da Al Pacino che, fin dal debutto veneziano, ha tenuto a ribadire la sua “paternità” della Chastain. In Wilde Salomé, tentativo estremo di fondere la qualità fotografica del cinema e il suo movimento al passato e l’essenza dell’acting del teatro, Jessica Chastain interpreta la Salomé portata alla luce da Oscar Wilde tra il 1891 ed il 1893. Questa storia di lussuria, avidità e vendetta racconta la leggenda del Re Erode e del suo desiderio nei confronti della figliastra, Salomé, a sua volta innamorata di Giovanni Battista.
Dopo Riccardo III-Un uomo, un re, Al Pacino torna a prenderci per mano e a condurci verso un territorio oscuro, quello della sperimentazione tra cinema e teatro. Salomé è, indubbiamente, una storia di eccessi, ma soprattutto di limiti, di confini e di estraneità. E proprio al limite tra documentario, teatro, cinema ed improvvisazione si colloca il suo autore, riprendendo i preparativi, le prove e la messa in scena di questa controversa opera teatrale e, nel frattempo, provando a costruire un quadro completo dello scrittore irlandese, sia come persone che come artista. Per farlo, non esita a viaggiare, recandosi nel deserto del Mojave, in Irlanda e nel Regno Unito. In tal senso, Wilde Salomé di Al Pacino si è rivelata come un’interessante opportunità per il suo autore; infatti, in ballo non c’è unicamente il dramma di Wilde ma soprattutto il percorso del suo drammaturgo, autore del testo teatrale a Parigi, lontano dalla sua Inghilterra.
In Wilde Salomé è il cinema che rilegge la realtà ed il teatro, la macchina da presa tende a spettacolarizzare quanto ripreso e a costruire un crescendo ricco di tensione, sfruttando le capacità ricorsive del montaggio. Dall’inizio alla fine, prove, documentario, film e rappresentazione teatrale crescono insieme, senza perdere un minimo di fulgore creativo. Jessica Chastain è una perfetta Salomé, virginale prima, diabolica e peccatrice poi. Riesce perfettamente ad incarnare la metamorfosi della ragazza in creatura baccantica, donando alla macchina da presa una danza sensuale che esalta le capacità di trasformazione del suo corpo scenico. Al Pacino, con evidente intento metatestuale ed autoriflessivo, scherza sui suoi personaggi interpretati in passato e anche sulla sua età. Inevitabile pensare alla strizzatina d’occhio a Il ritratto di Dorian Gray che, tuttavia, nel corso del documentario, non viene mai menzionato. Casualità? In fin dei conti, tutto il film dell’attore americano riflette sulla vita, sul tempo e sulla morte. Nonché sul ruolo che lo spettacolo della vita, filtrato dal cinema, porta ad interpretare. Più che una trasposizione della Salomé, il film di Pacino sembra essere un saggio critico che porta a galla l’eccedenza di senso del dramma teatrale, attraverso un connubio di vita-arte-spettacolo che lascia interdetti per forza espressiva.

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