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giovedì 28 aprile 2016

10 CLOVERFIELD LANE

di Egidio Matinata

Un film di Dan Trachtenberg. Con Mary Elizabeth Winstead, John Goodman, John Gallagher Jr.. Scritto da Josh Campbell, Matthew Stuecken, Damien Chazelle. USA 2016. 105 minuti.

L'aspetto più affascinante delle arti narrative è la capacità di poter creare mondi. Si prende spunto da ciò che ci circonda, da ciò che si vede e da ciò che si sente per poterlo trasformare in qualcos'altro, qualcosa di simile ma declinato in base al genere di universo che si vuole costruire. L'universo narrativo all'interno del quale si muove 10 Cloverfield Lane è lo stesso creato da Matt Reeves con Cloverfield, un insieme di found footage e monster movie in cui New York, una notte, veniva attaccata da un mostruoso essere proveniente dallo spazio.

Il film di Dan Trachtenberg invece inizia con Michelle, in viaggio (ma sarebbe meglio dire in fuga) verso un luogo imprecisato. Vittima di un incidente, si risveglia in un rifugio antiatomico costruito da un uomo che l'ha salvata e rinchiusa lì dentro insieme ad un altro ragazzo. L'uomo sostiene che al di fuori del bunker non ci sia più vita, perché un attacco (forse umano, forse alieno) ha portato l'umanità verso l'olocausto atomico.
Il carattere vincente sta proprio in questa intrigante, seppur molto semplice, idea di fondo. Cosa è vero e cosa non lo è? Un dilemma basilare che apre un ventaglio di risposte decisamente ampio. Un po' come il film, che parte da un concept chiaro ed evidente che però viene declinato attraverso tre generi nell'arco della narrazione: il thriller (principalmente), l'horror e la fantascienza. Sia la sceneggiatura, quadrata e senza sbavature, che la regia invisibile riescono a creare una tensione che si protrae per tutta la durata del film, nonostante non venga esplorata fino in fondo la situazione che vede persone costrette a condividere lo stesso spazio limitato contro la loro volontà, un tema molto sfruttato da cinema e letteratura (Stephen King lo ha fatto spesso).

Qui l'accento è posto sì sui personaggi, ma non tanto sulle dinamiche che la convivenza forzata innesca, quanto sul mistero che avvolge il loro bunker, ma che forse è anche al suo interno. Un mistero che muta, cambia forma, va via e poi ritorna più potente di prima. Anche gli attori sono perfettamente funzionali: dall'inquietante e vagamente infantile John Goodman (di cui, ancora, ricordiamo la magistrale interpretazione in un altro piccolo grande film: Red State di Kevin Smth) ad un semplice e quasi sempre sottomesso John Gallagher Jr., fino ad arrivare a Mary Elizabeth Winstead, il cuore pulsante del film, il personaggio con cui ci identifichiamo e che ha un arco di trasformazione perfettamente riuscito: parte insicura e tremante per arrivare, alla fine, con la situazione in pugno, pienamente consapevole di se stessa e del mondo che la circonda.

Non è certamente un film per i fanatici della verosimiglianza o per coloro che invocano la credibilità a tutti i costi questo anomalo sequel/spin-off. Ma l'importante, come è giusto che sia, è che la coerenza ci sia nei confronti del genere e non rispetto alla realtà. D'altronde è di altri mondi che stiamo parlando, giusto?

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