Powered By Blogger

domenica 14 dicembre 2014

TOP TEN E FLOP TEN 2014

di Matteo Marescalco

Dopo quella dei Cahiers du Cinema, arriva la seconda Top Ten dei film del 2014 più attesa dai cinefili di mezzo mondo. Quella stilata dai redattori di Diario di un cinefilo.
Il momento è sacro. Dicembre è arrivato ed è, quindi, tempo di fare bilanci sull'anno cinematografico appena trascorso. Non c'è cosa più divertente che classificare, promuovere o bocciare quanto visto al cinema, con gli inevitabili stralci polemici di cui queste attività si fanno foriere.
Oltre alla Top Ten, abbiamo creato la Flop Ten 2014 che comprende i film che hanno maggiormente deluso le nostre aspettative. Prima di scatenare il putiferio, è opportuno precisare ulteriormente che sarebbe stato inutile scagliarsi contro la Croce Rossa inglobando U.C.O. (Unidentified Cinema Objects) come Mio papà di Giulio Base, I nostri ragazzi di Ivano De Matteo et similia. 
Abbiamo preferito, piuttosto, inserire lungometraggi che, per vari motivi, come già detto, hanno deluso le nostre notevoli aspettative rivelandosi scadenti e ricattatori.
Bando alle ciance, a voi le classifiche!
P.S. Se voleste farvi del male e foste interessati alla recensione dei film in classifica, vi basterebbe cliccare sul titolo.

TOP TEN
Tra Mulholland Drive e Nodo alla gola, Venere in Pelliccia e Synecdoche New York, Inarritu dirige il suo miglior film. Birdman è un'opera fiume incentrata su un attore che ha raggiunto il successo planetario nel ruolo di un supereroe alato. Tre piani sequenza bastano a delineare il ritratto di una Hollywood balorda e fagocitante. Il finale, con il controcampo negato, è il più fulgido esempio di massima libertà concessa allo spettatore. 

Il film della maturità per il regista texano. Puro esercizio di scrittura fotografato da Robert Yeoman e musicato da Alexandre Desplat. Ritornare nel mondo andersoniano è come incontrare i nostri vecchi cari amici e parenti, che ammiriamo, odiamo, invidiamo ed evitiamo. Ma a cui vogliamo, inevitabilmente, un gran bene.

Un'epopea al grand guignol nella monotona vita quotidiana di un gruppo di studenti. Il gioco mortale di Miike è un pastiche cromatico dall'indubbia forza visiva ed ideologica.

Tra cantanti neomelodici che vorrebbero conoscere Belluscone, impresari mafiosi secondo cui, però, la mafia, a Brancaccio, non esiste, e genitori che preferiscono avere i figli in galera anzichè arruolati nelle forze dell'ordine, Maresco dirige il film che, insieme a La Grande bellezza e Reality, potrebbe confluire verso un'ideale trilogia sull'apocalittica distruzione societaria post berlusconiana.

5) GONE GIRL DI DAVID FINCHER 
Un saggio sulla regia da manuale del Cinema. Cupo, freddo ed asettico, Fincher focalizza la sua attenzione sull'altra faccia della medaglia dell'amore. Memorabili il personaggio femminile  mentalmente polimorfo e l'omicidio finale. 

6) INSIDE LLEWYN DAVIS DI JOEL ED ETHAN COEN 
L'odissea di un altro nolente antieroe dei fratelli Coen. La costruzione circolare, la colonna sonora folk, la fotografia fredda che mette ulteriormente in risalto le caratteristiche psicologiche dei personaggi del film contribuiscono ad innalzare il lungometraggio nell'Olimpo del regista a due teste.

Dedicato alla religione cattolica ed incentrato su un killer che viene scambiato da un taxista per un sacerdote, La confessione fa parte del progetto collettivo Words with Gods voluto da Guillermo Arriaga. Il twist ending finale è da schiantare dalle risate, nel segno gotico e barocco del regista spagnolo. 

8) NIGHTCROWLER DI DAN GILROY 
Un Jake Gyllenhall da Oscar porta in scena una storia ancora più cupa ed ambigua del solito sulla fine del sogno americano. In una società in cui vale soltanto l'homo homini lupus non c'è il minimo spazio per l'umanità.

La commedia dark dell'anno. Sotto la vernice della farsa gotica, si nasconde un film sul lato ferino e sulla crudeltà dell'essere umano. Un incipit così scoppiettante e folle non si vedeva al cinema da Las Brujas de Zugarramurdi di Alex de la Iglesia. 

10) EDEN DI MIA HANSEN-LOVE 
Un film tutto cuore sulla realtà musicale e generazionale degli anni '80-'90. Tra dimensione collettiva e spazi individuali, realismo e finzione, Mia Hansen-Love compie un viaggio nostalgico a ritroso volto a scoprire la nascita dell'epoca digitale.


FLOP TEN
La trilogia, in caduta libera dopo il secondo episodio, termina nel peggior modo possibile. La piattezza e la lentezza che si protraggono per tutto l'arco narrativo lasciano l'amaro in bocca principalmente per due motivi: Guillermo Del Toro e Peter Jackson. Chissà come sarebbe stata la Terra di Mezzo vista dagli occhi di uno dei registi più visionari degli ultimi anni. Jackson avrebbe  dovuto cedere il testimone. Sarebbe stato meglio per tutti. (Recensione di Egidio Matinata)

Incentrato sugli ultimi giorni di vita dell'intellettuale bolognese, è un'opera regressiva e accomodante, smorta e sonnacchiosa, che non riesce assolutamente a restituire il vampirismo  pasoliniano.

3) BOYHOOD DI RICHARD LINKLATER
Opera fiume costruita nel giro degli ultimi 12 anni, Boyhood appare privo dell'immediatezza e del realismo che, in realtà, sarebbero dovuti essere i suoi maggiori tratti peculiari. Tutto, a partire dalla messa in scena, sembra progettato nei minimi dettagli, senza alcuno spazio per l'improvvisazione e l'inatteso. 

Eccessivo, strabordante, ridicolo e, a tratti, involontariamente grottesco. La delineazione psicologica dei personaggi è il punto più debole del film.

Woody Allen torna ad ambientare un suo film al confine tra il mondo dell'illusionismo e della realtà. L'impressione è quella di trovarsi davanti ad un autore narciso, vittima della propria cannibalistica magniloquenza creativa, il cui ultimo lungometraggio svanisce come una bolla di sapone o ancor meglio, per restare in tema, come la conseguenza di un'illusione mal portata a termine.

6) ALABAMA MONROE DI FELIX VAN GROENINGEN
Ricattatorio fino al  midollo, Alabama Monroe è uno di quei film che sbattono la tragedia più becera in faccia allo spettatore indirizzandolo prepotentemente senza offrirgli la minima possibilità di pensare con la propria testa. 

Dietro il velo di Maya dell'impegno sociale, un vuoto di fondo. I Dardenne toppano con un film caratterizzato da un meccanismo narrativo farraginoso. Zero coinvolgimento. Ricatti ed opportunismo a go-go.

8) TRASH DI STEPHEN DALDRY
The Millionaire 2-Il ritorno. Serve altro?

Tocca alla fantascienza dimostrare la pochezza dell'immagine nel cinema verboso di Christopher Nolan. Lo spettatore viene condotto per mano in un buco nero che assorbe, al proprio interno, il film stesso. Il finale è talmente ridicolo da far venire la pelle d'oca. 

10) FRANCES HA DI NOAH BAUMBACH
Il film di un hipster per un pubblico di hipster su una serie di personaggi hipster. Soffre, più o meno, gli stessi problemi di Boyhood. 


7 commenti:

  1. ne ho visti due, uno della flop e uno della top, i restanti 18 spero di recuperarli al più presto, partendo prima dai flop, preferibilmente

    RispondiElimina
  2. Risposte
    1. GBH di cui condivido a pieno la tua recensione (seppur non avendo capito la " "δύναμις emozionale" e vergognandomi di chiedere)... e Noah, che per me è lammerda....

      Elimina
    2. ahahahah supercazzole pseudointellettualoidi! Comunque, recupera, quando puoi, Belluscone!

      Elimina
    3. l'avrei dovuto vedere quest'estate all'arena argentina, ma poi piovve e io bestemmiai come un pazzo turco in calore

      Elimina
    4. Si trova in streaming, l'ho rivisto ieri sera, approfittane!

      Elimina