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lunedì 14 settembre 2015

VENEZIA '72: L'AMORE (E L'ODIO) CHE RESTA prima parte

di Matteo Marescalco

Un'altra Mostra del Cinema se n'è andata (la prima per cui questo blog è stato ufficialmente accreditato) e, adesso, dalla mia stanzetta e con estrema malinconia, non posso far altro che ripassare ogni singolo momento trascorso con tutte le persone che hanno contribuito a rendere speciali questi giorni. Scusatemi le parole di circostanza ma grazie a chi c'è stato, a chi non c'è stato, e a chi, pur essendo presente, è come se non ci fosse stato. Mi capita spesso di pensare in che modo tutte quante le persone con cui sono entrato in contatto in questo periodo, anche quelle che non conosco e con cui ho scambiato solo qualche parolina, trascorreranno l'anno che ci separa dalla prossima Mostra. Le vedo immerse nelle loro piccole attività quotidiane, a darsi da fare per costruirsi un futuro migliore, a studiare, etc., sperando che, ogni tanto, anche io baleni nella loro testa. Ma il vero Cinema annulla sempre le distanze. Per questo non vedo l'ora di tornare a dormire 4 ore a notte, di alzarmi all'alba e fare code chilometriche per ritirare un semplice biglietto, di emozionarmi di fronte ad uno schermo insieme a chi quei sogna li crea e li anima. Si chiude il sipario. All'anno prossimo!
Noi di Diario di un cinefilo che abbiamo seguito la Mostra (io, Egidio Matinata e Mara Siviero) vi forniamo, oltre ai cinevoti, anche una breve opinione sui film che ci hanno maggiormente deluso e su quelli che, più di tutti, ci hanno riscaldato il cuore.

MATTEO MARESCALCO
PARADISO

THE CHILDHOOD OF A LEADER di Brady Corbet
Debutto alla regia per Brady Corbet, uno dei due virginali figli di papà che, nel remake americano shot-for-shot di Funny Games di Michael Haneke, si divertivano a seviziare famiglie borghesi in vacanza. E la mano del regista tedesco si sente tutta, a partire dall'inevitabile paragone che The childhood of a leader incoraggia nei confronti de Il nastro bianco. Il film di Haneke indagava con sguardo entomologico un villaggio nella Germania pre-nazista andando ad individuare i germi della futura generazione dittatoriale. Brady Corbet, qui, si concentra su una famiglia aristocratica che vive nei pressi di Versailles. Il film, in tre atti scanditi dagli attacchi di rabbia del giovane figlio della coppia, analizza in termini freudiani il rapporto tra i tre membri familiari e i primi sintomi di ribellione nei confronti dell'ancien regime. Algido, teso e raggelante, The childhood of a leader convince fino al disturbante epilogo in cui il personaggio di Robert Pattinson assume una luce diversa. La rivelazione della Mostra.

BEASTS OF NO NATION di Cary Fukunaga
Primo film distribuito dalla piattaforma di VoD Netflix a partire dal 16 Ottobre. Diretto da Cary Joji Fukunaga, regista dell'acclamata prima stagione della serie tv True Detective e produttore della seconda. La storia è semplice e, in effetti, anche parecchio inflazionata. Il protagonista è un ragazzino che viene sradicato dal villaggio natale e capita tra le grinfie di un soldato che lo sfama e lo educa alla violenza della guerra. Come al solito, c'è un prima e un dopo guerra. La prima parte del film è dedicata alla vita nel villaggio, con i ragazzini che sorridono e che giocano con un televisore trovato per puro caso, inscenando la tv dell'immaginazione. Giungono alla memoria i voli pindarici immaginativi di Be kind rewind di Michel Gondry. La seconda parte è tesa, con la figura ferina di Idris Elba a dominare la scena. Fukunaga si serve dei più tradizionali topoi narrativi del genere, aggiornandoli all'epoca della contaminazione intermediale ed evitando di cadere nella banale retorica derivante dall'assunzione dello sguardo del giovane protagonista. E la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia si aggiorna ai prodotti nati e pensati per il web.

NON ESSERE CATTIVO di Claudio Caligari
Nel mare magnum dei film italiani presentati a quest'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia svetta Non essere cattivo di Claudio Caligari, misconosciuto autore dei cult L'odore della notte ed Amore tossico. Cantore di un'umanità ai limiti, erede dei ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, in questo suo ultimo film, Caligari si trasferisce nella Ostia degli anni '90. Protagonisti sono due ragazzi, Vittorio e Cesare, amici da una vita, praticamente fratelli. I due vivono di espedienti, si azzuffano, si fanno di cocaina e bevono insieme ad un gruppo di sbandati che ondeggia nella vita. «Quando guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro». Non essere cattivo è la fine del sogno pasoliniano che cozza contro le brutture della squallida periferia romana che offre poche possibilità di redenzione. Ma, nel finale, un raggio di sole riesce a trapassare il fitto horror vacui che divora i suoi personaggi. Basta uno sguardo, un ultimo sorriso, una nuova famiglia ad assestare una vita che si appresta, sofferente, verso un finale tutt'altro che scontato.

INFERNO.
L'ATTESA di Piero Messina
Lungometraggio di debutto per Piero Messina, assistente alla regia di Paolo Sorrentino in This must be the place e ne La grande bellezza, e che può contare su un cast che vede in Juliette Binoche la propria front-runner. Ambientato a Caltagirone, il film narra il dramma di due donne che affrontano un lutto: la morte del figlio e del proprio fidanzato. Il viaggio in Sicilia diventa, quindi, il pretesto per effettuare un'esplorazione nella solitudine e nell'incomunicabilità della morte. Peccato, però, che L'attesa riveli, nel costante desiderio di creare una forma perfetta, la totale incapacità di suscitare emozioni. Il dolore stenta a trasparire probabilmente anche a causa di performance attoriali non all'altezza delle aspettative. Un vero peccato che forma e contenuto non convergano mai e che il secondo muoia sotto il peso eccessivo delle belle immagini.

A BIGGER SPLASH di Luca Guadagnino
Il sopravvalutato Guadagnino torna al cinema con A bigger splash, dramma siciliano con Ralph Fiennes, Tilda Swinton, Matthias Schoenaerts e Dakota Johnson. Il film inizia come una commedia sentimentale e termina svoltando verso il thriller, non abbandonando mai il tono grottesco di fondo. Probabilmente, in maniera involontaria. Abbondano, infatti, i luoghi comuni, incarnati da un Corrado Guzzanti ai suoi minimi storici. L'etica patinata di Guadagnino si nutre di seni e di fondoschiena femminili, con l'obiettivo di raggiungere una presunta autorialità che spinge lo spettatore alle risate più grasse. L'innesto, poi, del tema dell'immigrazione risulta indigeribile e posticcio. Le indagini svolte in maniera approssimativa e portate a termine a tarallucci e vino affondano ulteriormente il film. Da dimenticare.

DE PALMA di Noah Baumbach e Jake Paltrow
Baumbach si è prepotentemente affermato negli ultimi anni dirigendo e scrivendo film quali Il calamaro e la balena, Greenberg, Frances Ha e, per ultimo, While we're Young, saggio sulla generazione digitale e su due epoche storiche in netta collisione tra loro. Ha anche collaborato alla sceneggiatura di Le avventure acquatiche di Steve Zissou e Fantastic Mr. Fox, entrambi diretti da Wes Anderson. Le aspettative su questo film, diretto da un regista cinefilo, amante di Nouvelle Vague e New Hollywood e dedicato ad un pilastro della rivoluzione del cinema americano degli anni '70, erano assai elevate. Peccato però che la mano di Baumbach stenti a vedersi e che De Palma si trasformi presto in una smorta e sonnacchiosa sequenza di pillole raccontate in prima persona dal regista de Gli intoccabili. Il film non è male ma ferisce assistere semplicemente ad un compitino portato a termine senza particolari guizzi di creatività.

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