Nostalgia, ingenuità, tenerezza, e verità nel nuovo film targato Disney.
Quando eravamo piccoli noi millennials, era facile trovarci alle prese con videocassette e registratori, nastri da dover ogni volta rimandare indietro perché ci eravamo dimenticati di riavvolgerli dalla visione precedente e orari da rispettare perché altrimenti avremmo registrato soltanto una parte del nostro programma preferito.
E che dire di quando, per poter rivedere un film o un cartone, le opzioni erano: a) sperare li dessero nuovamente in tv, prima o poi; b) aspettare che uscisse l’home video; c) sperare che qualche quotidiano come il Corriere della Sera lanciasse iniziative a uscite settimanali in vhs dedicate ai nostri personaggi preferiti (i Puffi, le principesse Disney, Topolino, Paperino e Pippo…)?
Sugli scaffali delle nostre librerie magari è ancora possibile scorgere, tra i vari dvd e blu-ray, delle videocassette dai colori accesi con su scritto “Winny Puh” “3 episodi!” e il logo Disney ben visibile in alto, sei lettere stampate su delle simpatiche e giganti orecchie da topo, contenenti avventure che forse, da tanti, troppi anni non vengono più vissute.
Ma dal 30 agosto, Ritorno al Bosco Dei 100 Acri ci permetterà di tornare a farlo.

Ed è proprio il più caratteristico di questi, l’orsetto goloso di miele Pooh, a trovare il modo di ricongiungere presente e passato nella più grande e tenera delle avventure.
Nel tentativo di ritrovare i suoi amici, misteriosamente scomparsi nel nulla, Pooh parte alla ricerca dell’unica persona in grado di aiutarlo: Christopher Robin, ora adulto e con famiglia, e “con qualche ruga in più”, come nota anche l’orsetto. Ma la mente vivace e creativa del bimbo che passava le giornate a combattere temibili efelanti e nottole al fianco di peluche animati, sembra ora annebbiata – proprio come il Bosco in sua assenza – dagli oneri dell’età adulta, oppressa dai problemi legati al lavoro, annichilita dalle responsabilità quotidiane.
Una rigida e severa educazione e il timore di non essere all’altezza delle aspettative prendono il sopravvento sulla fantasia, la giocosità, la capacità di godere delle cose semplici, e si dimostrano nemici da sconfiggere sulla strada per la felicità. L’eroe della storia non può però farcela da solo, e dovrà accettare, volente o nolente, l’aiuto dei compagni d’avventura per poter finalmente ritrovare sé stesso e quella serenità che si è lasciato alle spalle ormai da tempo.
Grazie alla pittoresca fotografia di Mathhias Koenigswieser, l’intensa interpretazione del cast – da un fantastico McGregor a una commovente Hayley Atwell, passando per la piccola Bronte Carmichael a un navigato Mark Gatiss, per non parlare dell’illustre schiera di attori che ha prestato la voce ai personaggi animati – e alle apparentemente ingenue, ma in realtà alquanto brillanti uscite dell’orsetto Pooh e dei suoi amici, Ritorno Al Bosco Dei 100 Acri è molto più di quel che può sembrare una semplice operazione commerciale che fa leva su personaggi facilmente trasformabili in merchandise e sulla nostalgia di un pubblico di altri tempi.

Perché… Com’è che faceva la sigla?
«Winnie, amico Winnie! Corri con me, giochiamo insieme dai! Winnie, amico Winnie! Sali sull'albero, prendi il miele e vai… Su divertiamoci senza mai smettere, questa è la vita per noi!»
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