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lunedì 29 gennaio 2018

SONO TORNATO

di Matteo Marescalco

Cosa succederebbe se, più di settant'anni dopo la sua scomparsa, Benito Mussolini tornasse improvvisamente tra noi? È questo il fortissimo high-concept da cui parte Sono tornato di Luca Miniero, remake “italianizzato” di Lui è tornato, il film che nel 2015 ha riportato Adolf Hitler a Berlino, tratto a sua volta dall'omonimo bestseller di Timur Vermes.

Come un novello Clark Kent, Mussolini precipita sulla Terra con la forza di un meteorite. Camminerà lungo i viali romani, girerà le periferie e percorrerà in lungo e in largo l'Italia, convinto di poter rifondare il suo impero, accompagnato da Andrea Canaletti, giovane regista di scarsissimo successo che crede Mussolini un attore comico e gli propone di diventare protagonista di un documentario su di lui. Claretta non c'è più e tutto, apparentemente, sembra cambiato. «Eravate un popolo di analfabeti. Dopo ottant'anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti». Tra ospitate tv e comizi improvvisati, Mussolini riuscirà a diventare protagonista di uno show televisivo e si mette seriamente in testa di poter riconquistare il Paese.

Il film di Miniero è uno strano prodotto, un mash-up di documentario, candid camera e commedia classica che ibrida lo strano duo Massimo Popolizio-Frank Matano. Con un ottimo tempismo, Io sono tornato sbarca nelle sale italiane ad un mese dalle elezioni nazionali e, quindi, in piena campagna elettorale. E, per giunta, poco tempo dopo l'inasprimento delle leggi che regolamentano l'apologia del fascismo. L'agone politico è infiammato come poche altre volte. Il gravissimo problema che pesa su un'operazione già di suo abbastanza pericolosa consiste nel carisma con cui è tratteggiata la figura di Mussolini. L'imbarbarimento culturale del popolo italiano viene costantemente trattato con bonarietà e il racconto sembra propendere verso una parziale assoluzione del suo protagonista, il cui operato come uomo tende ad essere giudicato al di là di quello come politico. Miniero sbeffeggia Mussolini ed il modo in cui viene accolto da chi gli parla e gli chiede un selfie, salvaguardando sempre la sua figura da una sferzata finale che, invece, sarebbe stata necessaria.

Nel finale, Mussolini viene sottoposto ad un giudizio televisivo per aver ucciso un cane e viene
perdonato (anche) per le vecchie ed agghiaccianti idee che il suo simulacro continua a propagandare. Come se, in un certo senso, la sua figura potesse essere condannata ma non le idee che ne stanno alla base e che, invece, continuano imperterrite a strappare consensi ed applausi. Miniero ha voluto girare una distopia? Sì. Però, è pur vero che esistono distopie e distopie. E questa è, senza alcun dubbio, fortemente deprecabile. 

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