-(...) diventerò esattamente come voi: il lavoro, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd e l'apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco, orario d'ufficio, bravo a golf, l'auto lavata, tanti maglioni, natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai-.
Nel lontano 1996, Trainspotting di Danny Boyle, che ancora aveva alle spalle soltanto Piccoli omicidi tra amici, irrompeva al Festival di Cannes come un prodotto destinato a raggiungere, nel corso di breve tempo, lo statuto di icona e ad imporsi prepotentemente nell'immaginario collettivo. Il finale del film, con il tradimento di Mark Renton nei confronti dei suoi amici, lasciava aperto un interrogativo sul futuro del ragazzo: sarebbe riuscito ad uscire dal tunnel dell'eroina e a scegliere effettivamente la vita? Se è vero che il cinema è in grado di scuotere le coscienze e di generare quesiti post-visione, la curiosità attorno all'ipotesi di un possibile sequel, ventilata nel 2013, ha raggiunto il culmine negli ultimi anni. A più di 40 anni, che fine hanno fatto Rent, Begbie, Spud e Sick Boy? Il primo, vent'anni dopo il famigerato tiro mancino, torna in Scozia per saldare il debito con gli amici. Obiettivo comune? Evitare Begbie, scheggia impazzita in cerca di vendetta.

Nel complesso, l'operazione nostalgia delude perchè sembra vergognarsi di se stessa e, nonostante qualche guizzo, precipita nel baratro della propria tristezza, reso ancora più profondo dalle svariate indecisioni a livello visivo e da una scenaggiatura che non brilla per ritmo ed equilibrio. Se, da un lato, è una fortuna che T2 riesca a discostarsi dal materiale di partenza e a non ricalcarne troppo la forma (e tutto ciò, probabilmente, scontenterà i fan più accaniti), dall'altro, soffre di un inevitabile complesso di inferiorità nei confronti del primo episodio. Si ha l'impressione che quest'ultimo film di Boyle non sappia bene dove andare a parare, finendo per crollare su se stesso e sulle proprie ambizioni.
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