*articolo pubblicato per Cinemonitor: http://www.cinemonitor.it/37723-il-bene-mio-la-conferenza-stampa/
Quello di Pippo
Mezzapesa è un nome del tutto singolare e decisamente non ignoto ai professionisti di
settore. Il giovane regista bitontino, infatti, ha vinto il David di Donatello
al Miglior Cortometraggio nel 2004 per Zinanà, ha ottenuto la menzione speciale
ai Nastri d’Argento 2006 con il suo terzo corto, Come a Cassano, ha vinto
ancora il Nastro d’Argento per il Miglior Corto nel 2014 per SettanTA e ha
presentato alla sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma il
lungometraggio Nel paese delle spose infelici, ottenendo ampi consensi.
All’ultima edizione
della Mostra del Cinema di Venezia, Mezzapesa ha presentato come Evento
Speciale Fuori Concorso nell’ambito della sezione delle Giornate degli Autori
il suo ultimo lavoro, Il bene mio, con Sergio Rubini come protagonista. Il film
racconta la storia di Elia, ultimo abitante di Provvidenza, borgo fantasma
distrutto da un terremoto. L’uomo rifiuta di abbandonare il luogo avvolto dal
silenzio e gonfio d’assenza, a differenza del resto della comunità che,
trasferendosi a Nuova Provvidenza, ha preferito dimenticare l’accaduto. Elia
resiste, contro tutto e contro tutti; la sua è una lotta contro la rimozione
del ricordo. D’un tratto, nel paese deserto, inizia ad avvertire una strana
presenza. A nascondersi tra le macerie della scuola in cui, durante il
terremoto, perse la vita la moglie di Elia, è Noor, una giovane rifugiata. Sarà
proprio lei a mettere l’uomo di fronte ad un’inesorabile scelta.
Secondo Pippo Mezzapesa:
‹‹Il pilastro portante del film è la memoria ed il bisogno di recuperarle
attraverso la fiaba. Il bene mio è nato dalla voglia di raccontare la lotta di
un uomo che non vuole abbandonare il suo paese e che ha deciso di elaborare il
dolore restando aggrappato a quelle pietre e raccogliendo i piccoli oggetti che
rappresentano la quotidianità di ognuno di noi. Elia vuole ricostruire una
comunità che, invece, ha preferito dimenticare. Il nostro intento è quello di
raccontare un personaggio che lotta. Non si tratta del classico eremita che ha
scelto di isolarsi e di dimenticare il mondo. Tutt’altro, Elia è un personaggio
vitale e solare che rifugge l’idea di morte e che, anzi, vorrebbe riportare la
vita in quel luogo››.
Ad interpretare Elia è
Sergio Rubini, volto iconico del cinema italiano. L’attore ha detto di aver
scelto di lavorare con Mezzapesa per la singolarità e la purezza della sua
estetica, frutto di uno sguardo autentico e saggio: ‹‹Il bene mio è un film
unico. Purtroppo, negli ultimi anni, l’idea di prodotto replicabile ha fatto
perdere il gusto di sperimentare. Il cinema, invece, è una continua ricerca
artistica. Difficilmente leggo nel dettaglio le sceneggiature che mi arrivano.
Preferisco, piuttosto, immaginare quello che verrà, pensare al rapporto che
avrò con i realizzatori del film durante le riprese. Il cinema non è
assolutamente in crisi, farlo coincidere con la sala è una cosa molto
pericolosa. Non è che quando hanno chiuso le sale porno, la gente ha smesso di
eccitarsi. Lo ha semplicemente fatto su altri supporti. Noi dobbiamo prendere
coscienza di questo spostamento di supporto. Il cinema non morirà mai perché il
bisogno di storie è incessante ed immortale››.
Ad aver scatenato la
fuga della comunità dal borgo è stato un evento naturale. Il terremoto entra
come grande rimosso nel tessuto filmico. ‹‹Il terremoto ha valore fisico e
metaforico. Si parla di crolli, di dolore e di diversi modi di affrontarlo. Per
Elia, è fondamentale recuperare perché non esiste un domani senza la conoscenza
di ciò che si è stati. Il terremoto è stato l’agente fisico che ha disgregato
la comunità di Provvidenza e ognuno è animato da ragioni comprensibili. Anche
il sindaco, che vuole rimuovere tutto e che sembra un personaggio negativo, lo
fa perché non riesce a sostenere il peso del dolore. Ciò che conta è che la
comunità riesca ad esorcizzare il dramma e a ritrovare sé stessa. Elia è un po’
il pastore del borgo, colui che cerca di ricucirla attraverso la memoria e i
frammenti di vita di ognuno. Lui e Noor vogliono aprire i confini ed infrangere
i limiti›› ha detto il regista.
Mezzapesa ha anche
dichiarato l’estrema importanza che i paesi fantasma realmente esistenti da
Roma in giù hanno avuto sull’esistenza del film: ‹‹Ho cercato la location
ideale che mi potesse restituire il paese visitando tanti luoghi disabitati
lungo la dorsale appenninica. Alla fine, abbiamo scelto di girare tra Apice
Vecchia e Gravina in Puglia. Apice è un paese vicino Benevento che ha davvero
subito la sorte a cui il sindaco vorrebbe condannare anche Provvidenza. Per noi
era fondamentale girare in un borgo del genere. Difficilmente, un paese
abbandonato è ricostruibile. Gli mancherebbe l’autenticità del suo silenzio››.
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