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mercoledì 31 ottobre 2018

LO SCHIACCIANOCI E I QUATTRO REGNI

di Matteo Marescalco

L'ennesima magia targata Disney arriva nelle sale il giorno di Halloween, inevitabile richiamo per famiglie e bambini. Cosa fare nel giorno più spaventoso dell'anno se non sdraiarsi sul divano e dedicarsi ad una lunga maratona di horror per adolescenti? Probabilmente, sarebbe ancora meglio andare al cinema e restare incantati dinnanzi alla magnificenza che caratterizza l'aspetto visivo de Lo Schiaccianoci, nato dal racconto di E.T.A. Hoffmann e reso immortale dal celebre balletto di Cajkovskij. Ottant'anni dopo il celebre inserto nel capolavoro Disney, Fantasia, la casa dalle grandi orecchie si riappropria del grande classico, traslandolo nuovamente sullo schermo che, al buio della sala, dà sfogo ai nostri più sfavillanti sogni.

Diretto da Lasse Hallstrom, il film è stato completato da Joe Johnston, che ha firmato 32 giorni di riprese aggiuntive (che il cambio in cabina di regia fosse un cattivo auspicio?). Lo Schiaccianoci e i quattro regni racconta la storia di Clara, una bambina che, durante la sera della Vigilia di Natale, riceve in dono un misterioso scrigno da parte della madre, deceduta da poco. Per aprirlo, la giovane donna dovrà necessariamente trovare una chiave speciale. Un filo d'oro, ricevuto durante la festa natalizia da parte del suo padrino, la conduce alla chiave ma, soprattutto, la trasporta in un mondo parallelo in cui i giocattoli si trasformano in veri esseri umani. Ma il meccanismo può funzionare anche all'inverso.

Lo Schiaccianoci e i quattro regni ha il grande pregio di inserirsi nella tradizione percorsa dal recente Cenerentola di Kenneth Branagh. Scenografie sontuose, costumi inarrivabili e coreografie assai elaborate. Peccato che questo approccio artigianale venga totalmente confinato in secondo piano da un utilizzo della CGI al limite della tolleranza. Ogni sfondo è artefatto in modo frettoloso e crea uno stacco netto con i personaggi in scena tale da infastidire l'occhio dello spettatore. L'esplosione di colori primari ricorda Nelle pieghe del tempo, film che ci aveva lasciati con l'amaro in bocca. A questa artificiosità di troppo si aggiungono dialoghi ripetitivi e noiosi che provocano più di uno sbadiglio e non stimolano la benchè minima curiosità nei confronti dei personaggi, figurine monodimensionali che si limitano a percorrere il sentiero che è stato loro tracciato. 

Come romanzo di formazione, l'ultimo film Disney non funziona e, anzi, delude perché, in primis, mancano cuore e sentimenti. Ogni elemento sembra vittima della magia che trasforma gli esseri umani in semplici balocchi. Oggetti sicuramente belli a vedersi ma pur sempre privi di anima.

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