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mercoledì 17 ottobre 2018

EUFORIA

di Matteo Marescalco

Cosa indica il sostantivo che dà il titolo alla seconda regia di Valeria Golino? È la stessa attrice ad offrire, nelle note di regia, la spiegazione del termine: «Si tratta di quella bella e pericolosa sensazione sperimentata dai subacquei nelle grandi profondità: un sentimento di assoluta felicità e di totale libertà». 

Matteo ed Ettore sono due fratelli agli antipodi. Il primo sempre elegante ed estroverso è un giovane imprenditore di successo. Tra cocaina e frivolezza, Matteo è convinto che sia sempre festa. Vive a Roma e gestisce senza preoccupazione alcuna la propria omosessualità. Ma Matteo protegge anche suo fratello da una verità difficile da accettare. Ettore è l'esatto opposto. Ha trascorso la vita chiuso in una periferia che culla e consola, è schivo ed integro e prova sempre a rimanere un passo indietro, provando sollievo nel proprio anonimato. È proprio la scoperta di una malattia grave che ha colpito Ettore (ma che è ancora ignota per lui) a convincere Matteo a ristabilire i legami con il fratello. 

Poche altre cose al mondo dividono ed uniscono come riesce a fare la famiglia, un nucleo in grado di avvicinare le persone più diverse tra loro ma di ferirle anche senza alcun riguardo. Euforia è tutto costruito su questo contrasto tra due persone agli antipodi. Persino nella scelta del genere da affrontare, il film della Golino è permeato dalla commistione di commedia e dramma, non abbandonando mai la delicatezza del tocco e delle piccole cose che la vita ci ha suggerito di lasciare indietro. Nella sua spontaneità e imperfezione, la seconda regia dell'attrice che ha avuto numerose esperienze all'estero, riesce ad attingere ad una purezza cristallina. L'intera opera è infatti strutturata su un'apertura verso una dimensione altra e lontana, come se la regista volesse riprodurre e portare in scena il tempo dei sentimenti. 

Dopo Miele, si torna ancora sul tema della morte e l'obiettivo è rendere quanto più dolce possibile quel periodo compreso tra la consapevolezza ed il trapasso. In tutto ciò, Euforia scorre agile, affidandosi soprattutto alla bravura dei due protagonisti, Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea, abile come pochi a restituire quella sottile vena malinconica assai difficile da rendere. Il film, sfuggendo al pericolo della retorica e del pietismo, è anche un'indagine su come la malattia intervenga sui rapporti umani, portando allo scoperto nodi mai districati e nuove modalità di guardare agli altri. E alla fine non resta altro che la sensazione di folle attaccamento alla vita, che ognuno affronta in modo diverso, con l'augurio di non perdere mai la scintilla dello stupore. 

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