di Matteo Marescalco
Odio
ed amo Joaquin Phoenix.
Lo
odio perché riduce a zero la mia autostima.
Lo
amo perché è l'unico in grado di dire ad Anselma Dell'Olio: «Yeah,
zia, ti amo». (Ci vuole
fegato).
Citazioni
filosofiche (e alcool) alla mano, riesce a rendere
sexy un ordinario professore di provincia con capelli leccati
all'indietro e pancetta che emerge con prepotenza sotto polo e
camicie. Connotati che non intaccano minimamente il fascino che
l'attore sprigiona in ogni inquadratura dell'opus n. 45 di Woody Allen.
Antidivo
che ha fatto dell'insofferenza alle telecamere e ai giornalisti, del
suo odio verso i blockbuster, del carattere stralunato, dell'impegno
civile e della malinconia, connotazioni fondamentali del proprio
personaggio pubblico.
Malinconia
ed amori tormentati sono aspetti che hanno segnato i ruoli
interpretati dall'attore in molte pellicole.
Non
sorprende osservare le assonanze visive tra Malinconia di Edvard
Munch ed alcuni frame di Two Lovers, dramma d'amore che riflette la
vita di Joaquin Phoenix. Al suo attivo ha Liv Tyler e Anna Paquin
come fidanzate storiche e, da poco, ha perso la testa per una
ventenne ossigenata. Nulla che lasci trapelare il desiderio
dell'attore di mettere la testa a posto nonostante le numerose
difficoltà incontrate nella vita.
Di
cicatrici ne ha, eccome, Joaquin Phoenix. Quella sul labbro superiore
sembra non sia dovuta ad un intervento per correggere il labbro
leporino ma ad una malformazione congenita.
La
vita gliene ha inflitte di più profonde (ed apparentemente
invisibili). Il 31 Ottobre 1993, al Viper Room di Johnny Depp,
Joaquin ha visto il fratello River morirgli tra le braccia per
overdose. A nulla valsero le telefonate al 911, mandate poi in onda
da tutti i media statunitensi se non al suo allontanamento
da Hollywood, per una pausa di riflessione.
Il
destino, poi, lo priva di altri suoi familiari quando da gestore
di un locale privilegiato per i traffici commerciali della mafia
russa, perde il padre poliziotto e vede il fratello mettere a
rischio la sua vita per lui. Un cortocircuito è in atto.
O
quando i genitori della sua ex fidanzata lo allontanano,
condannandolo all'eterno baratro del buio, dimensione prediletta
dallo sguardo glaciale di Phoenix, che appartiene alle più oscure
tenebre della notte. Ma, nonostante tutto, he's still here.
Nella
carriera del figlio di due figli dei fiori, c'è anche spazio per il
grande inganno:
«I'm still real»
o «Sono l'incarnazione di un'autoparodia del cazzo?».
«Mi sento intrappolato in questa fottutissima e ridicola prigione autoinflitta della caratterizzazione. Non so cosa sia venuto prima, se il fatto che mi abbiano definito emotivo, intenso e complicato oppure se lo fossi davvero e se semplicemente lo manifestassi. Una volta che hanno accettato queste caratteristiche, ho iniziato a dare loro quello che mi chiedevano. In un certo senso ne ho approfittato e un po' me ne vergogno. Non voglio più interpretare il personaggio di Joaquin. Voglio essere me stesso. Ecco perché sto facendo questo documentario». La risposta è da rintracciare in un'immersione nelle acque amniotiche per rinsaldare quei legami familiari che tanto sono mancati all'attore americano.
«Mi sento intrappolato in questa fottutissima e ridicola prigione autoinflitta della caratterizzazione. Non so cosa sia venuto prima, se il fatto che mi abbiano definito emotivo, intenso e complicato oppure se lo fossi davvero e se semplicemente lo manifestassi. Una volta che hanno accettato queste caratteristiche, ho iniziato a dare loro quello che mi chiedevano. In un certo senso ne ho approfittato e un po' me ne vergogno. Non voglio più interpretare il personaggio di Joaquin. Voglio essere me stesso. Ecco perché sto facendo questo documentario». La risposta è da rintracciare in un'immersione nelle acque amniotiche per rinsaldare quei legami familiari che tanto sono mancati all'attore americano.
Idiosincratico, timido, carismatico e misterioso, sempre in preda
alle più svariate passioni, Joaquin Phoenix ha dato vita a
personaggi irrazionali e debordanti come nessun altro. Sguardo di
ghiaccio e labbro imperfetto, Phoenix sta bene in ogni aspetto: con o
senza barba, con baffi che tengono a bada il gelo che emana con lo
sguardo, con lunghe basette ad incorniciare il volto. Piace perché è
il passionale della porta accanto che nasconde un segreto, il
malinconico anti-sistema che difende i diritti degli animali e vive
una noiosa quotidianità. Insomma, è una persona qualsiasi. Forse.
Amo ed odio Joaquin Phoenix.
Lo amo perché riduce a zero la mia autostima (e ce ne vuole).
Lo odio perché è l'unico in grado di dire ad Anselma Dell'Olio:
«Yeah, zia, ti amo!».
Nessuno gli crede.
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