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venerdì 26 ottobre 2018

IL MISTERO DELLA CASA DEL TEMPO

di Matteo Marescalco


Ancora una volta si avvicina quel periodo dell’anno in cui le generazioni degli anni ’80 e ’90 si dedicano ai rewatch dei vari Jumanji, Gremlins, I Goonies, Hocus Pocus ed Explorers, avventure fino all’ultimo respiro e metafore di un percorso di formazione da intraprendere e di traumi da affrontare. Negli ultimi anni, in piena epoca di tecnostalgia, è tornata di moda una ben precisa modalità di approccio al materiale filmico. Lo stile Amblin (quello, banalmente, individuabile da eventi straordinari ed orrorifici che cambiano la vita di persone quanto mai ordinarie ma ancora in grado di sognare) si è reso protagonista di un clamoroso rilancio. Ed ecco arrivare sul grande schermo Monster House, Super 8, Piccoli Brividi, ritorno in grande stile del desueto e del fuori tempo massimo. 

Ciò che coglie di sorpresa in un progetto come Il mistero della casa del tempo è il fatto che in cabina di regia ci sia Eli Roth, enfant prodige del torture porn nonché protegee di Quentin Tarantino. Quindi, non esattamente il primo che verrebbe in mente qualora si pensasse ad una dark comedy per adolescenti. Dalla totale autarchia creativa di Cabin Fever, capostipite dei wrong turn movies, all’home invasion di Knock Knock fino, ancora, al passaggio alla Metro-Goldwyn-Mayer per la realizzazione del remake de Il giustiziere della notte. Che le dinamiche degli studios abbiano messo la museruola al cane sciolto dell’anti-Hollywood? Non proprio.


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