*recensione pubblicata per Point Blank: https://www.pointblank.it/recensione-film/eli-roth/il-mistero-della-casa-del-tempo
Ancora una volta si
avvicina quel periodo dell’anno in cui le generazioni degli anni ’80 e ’90 si
dedicano ai rewatch dei vari Jumanji, Gremlins, I Goonies, Hocus Pocus ed
Explorers, avventure fino all’ultimo respiro e metafore di un percorso di
formazione da intraprendere e di traumi da affrontare. Negli ultimi anni, in
piena epoca di tecnostalgia, è tornata di moda una ben precisa modalità di
approccio al materiale filmico. Lo stile Amblin (quello, banalmente,
individuabile da eventi straordinari ed orrorifici che cambiano la vita di
persone quanto mai ordinarie ma ancora in grado di sognare) si è reso
protagonista di un clamoroso rilancio. Ed ecco arrivare sul grande schermo Monster
House, Super 8, Piccoli Brividi, ritorno in grande stile del desueto e del
fuori tempo massimo.
Ciò che coglie di
sorpresa in un progetto come Il mistero della casa del tempo è il fatto che in
cabina di regia ci sia Eli Roth, enfant prodige del torture porn nonché
protegee di Quentin Tarantino. Quindi, non esattamente il primo che verrebbe in
mente qualora si pensasse ad una dark comedy per adolescenti. Dalla totale
autarchia creativa di Cabin Fever, capostipite dei wrong turn movies, all’home
invasion di Knock Knock fino, ancora, al passaggio alla Metro-Goldwyn-Mayer per
la realizzazione del remake de Il giustiziere della notte. Che le dinamiche
degli studios abbiano messo la museruola al cane sciolto dell’anti-Hollywood?
Non proprio.
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