Secondo la mitologia
greca, è Atlante, figlio di Zeus e di Climene, a tenere sulle spalle l’intera
volta celeste. La leggenda palermitana di Colapesce racconta, invece, che il figlio di
un pescatore, dopo essere sceso nelle profondità acquatiche e aver visto che la
Sicilia si reggeva su tre colonne, una delle quali erosa e consumata dal fuoco
dell’Etna, decise di restare sott’acqua e sostenerla, per evitare il crollo
dell’isola.
In Smallfoot-Il mio
amico delle nevi, anche lo strano mondo degli Yeti è sostenuto da due
giganteschi bisonti che reggono il peso di una montagna, sede della civiltà dei
leggendari mostri delle nevi. Assumendo il punto di vista degli yeti, però, i
veri mostri sono gli esseri umani, che animano i loro racconti e le loro paure
ancestrali. Il giovane Migo vive in un villaggio in cui ognuno svolge con
attenzione il proprio ruolo: c’è chi suona il gong che consente al sole di
sorgere ogni mattina, chi lavora ad un misterioso marchingegno la cui funzione
è ignota e chi alimenta le teorie cospirative sulla reale esistenza degli
esseri umani, ribattezzati appunto smallfoot. Migo vive casualmente l’incontro
con uno di essi, Percy. Da quel momento in poi, viene allontanato dal villaggio perché
Il guardiano delle pietre, una sorta di guida spirituale degli yeti, ritiene
che lui stia mentendo. La scoperta del giovane bigfoot manda in subbuglio
l’intera comunità. La nuova missione di Migo è dimostrare agli amici yeti che
gli smallfoot esistono veramente. Ha inizio una grande missione che coinvolgerà
alcuni suoi amici e che metterà a dura prova tutte le sue certezze.
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Insomma, nonostante
alcuni momenti canori che potrebbero risultare indigesti agli adulti,
Smallfoot-Il mio amico delle nevi è un prodotto convincente e decisamente
brillante, un modo per riflettere e per trascorrere un pomeriggio in preda al
divertimento intelligente.
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