di Matteo Marescalco
“Fatti
non foste a viver come bruti,
ma
per seguir virtute e canoscenza”.
(vv.
119-120 Divina Commedia-Inferno-Canto Ventiseiesimo)
Configurare le immagini cinematografiche sotto forma di
racconto non è stato uno sbocco automatico del Cinema, ma è stato
dettato dalla volontà di un sempre maggiore coinvolgimento del suo
pubblico. Nulla coinvolge i fruitori più che assistere ad una narrazione che riguarda se stessi alle prese con
pericoli incommensurabili, in lotta contro l'ignoto, alla scoperta di
mondi potenziali e di realtà parallele.
Il cinema di Christopher Nolan ha sempre sfruttato i
meccanismi di genere. Il regista inglese ed il fratello Jonathan
(sceneggiatore dei suoi film) hanno ancorato le loro storie a una
progressione narrativa in modo tale da poter realizzare le ricerche e
le sperimentazioni più avanzate nel tessuto formale. E' l'intrigo
narrativo a dotare le immagini di un'indubbia vis seduttiva.
Interstellar
è il film più personale di Christopher Nolan che ritorna dietro la
macchina da presa due anni dopo la conclusione della trilogia
incentrata su Batman, riuscendo a creare, ancora una volta, un evento
mediatico di ingenti proporzioni. Probabilmente, la vera forza del
film risiede in questo: nell'afflato epico che lo caratterizza.
Girato
in IMAX e su pellicola 70mm (l'avversione di Nolan nei confronti del
digitale è cosa nota), il lungometraggio è ambientato in un futuro
prossimo in cui l'ambiente è color seppia a causa di una costante
tempesta di sabbia che ha messo in ginocchio i raccolti. Il terreno è
arido, i bambini vengono iniziati all'agricoltura e viene insegnato
loro che l'uomo non è mai andato sulla luna. In questo clima di
rassegnazione dilagante, l'ex astronauta Cooper (Matthew McConaughey)
non getta la spugna e scopre, grazie all'intuito della figlia
appassionata di scienza, che la NASA non è ancora morta e che ha
organizzato, nel corso del passato decennio, una serie di missioni. L'obiettivo è quello di individuare, in una galassia parallela penetrabile
tramite un warmhole (un cunicolo spazio-temporale), un pianeta alternativo in cui poter portare in
salvo la razza umana e garantire la salvaguardia della specie. Tra
stringhe temporali e realtà parallele, buchi neri e pianeti
inospitali, ha inizio una ricerca interstellare che porterà l'uomo
al di là della conoscenza tradizionale, a contatto con la sua vera
natura.
Interstellar
è il racconto di un'odissea
spaziale, quella di Cooper, moderno Ulisse che non accetta la perdita
di aspirazione nella specie umana. Il personaggio interpretato
straordinariamente da McConaughey è una figura archetipica che
incarna lo spirito di avventura e, al contempo, tutto il calore di un
padre di famiglia che, dopo la morte della moglie, deve sostenere il
peso dell'educazione dei propri figli in solitaria. E' un uomo fuori
dal tempo che non tollera la fine dei sogni di gloria dell'umanità,
il suo snaturamento.
Prima
di raggiungere le stelle, Interstellar
è ambientato sulla Terra, nel cuore dell'America, dove piccole
comunità di agricoltori si dedicano alla coltivazione del grano.
L'eco di Signs di M.
Night Shyamalan è molto forte. Entrambe le famiglie protagoniste
hanno perso la figura della madre, entrambi i padri sono alle prese
con una scelta che potrebbe seriamente condizionare il loro futuro.
L'ambientazione è la stessa: quella fattoria isolata dal resto della
città che indica sicurezza familiare, che rappresenta
figurativamente gli affetti genitoriali ma che, allo stesso tempo,
trasmette una sensazione di alienazione, di solitudine estrema.
In
molti hanno accostato Nolan a Stanley Kubrick (gli omaggi a 2001
Odissea nello spazio non sono
celati) per l'asetticità e la
freddezza che domina i lungometraggi dei due registi. Interstellar
più che essere un film kubrickiano, risente nettamente
dell'influenza dell'estetica di Steven Spielberg e, in genere, della sua fantascienza anni '70 che guardava all'orizzonte spaziale con una
gran dose di speranza. Lo spazio ignoto, al contrario che in Gravity
(in cui si configurava come
luogo di lotta dei tormenti interiori della protagonista e di
risoggettivizzazione interiore), non è visto in maniera ostile.
Si
può anche arrivare ad affermare che Interstellar
non sia un vero e proprio film fantascientifico. La narrazione,
infatti, si sviluppa attorno a due linee diegetiche: una legata al
viaggio spaziale (che domina le prime due ore circa del film) e
l'altra legata al rapporto padre-figlio. Christopher Nolan, da gran
prestigiatore qual è, consente il dispiegamento di entrambe le linee
diegetiche tramite un abile utilizzo del montaggio parallelo per poi
andare ad effettuare una fusione degli elementi razionali e
sentimentali, inscindibilmente legati l'un l'altro. In mezzo a tante
scelte da prendere in pochissimo tempo (per la teoria della
relatività, c'è una discrasia tra Tempo spaziale e terrestre)
riguardanti la salvezza dell'umanità, viene gettata una luce sui
sensi di colpa del sacrificio paterno e sui rimpianti verso un
mancato rapporto genitoriale. Fino a che punto l'orizzonte privato
può essere sacrificato per preservare l'orizzonte pubblico? Qual è
il peso specifico dell'amore nel perfetto meccanismo ad orologeria
che è il mondo?
Ecco
che, alla fine dello spettacolo, le tre ore di viaggio
intergalattico, le speculazioni filosofiche, i pipponi scientifici e
alcune cadute di stile passano in secondo piano di fronte al nucleo
fondante del film, l'amore di un padre per la propria figlia,
incastonato all'interno delle più solide dinamiche di genere.
Poco
importa dei buchi di sceneggiatura, dell'emorragia narrativa cui va
incontro la vicenda con lo sviluppo della trama, della discontinuità
nei ritmi, di personaggi meramente accessori (Casey Affleck,
perchè?!), di fallimentari scimmiottamenti kubrickiani e di finali
giunti troppo in fretta e vistosamente accomodati.
Interstellar
non è il nuovo 2001
Odissea nello spazio, non
ne ha la portata filosofica e metafisica. E'
un grande film che stupisce, emoziona, commuove. Un colosso
imperfetto che cede lentamente sotto il peso delle proprie ambizioni
e che muore malamente. Ma che, a differenza della maggiorparte dei
blockbuster girati oggigiorno, è dotato di un'indubbia carica vitale.
http://www.letterefilosofia.it/2014/11/p21156/ (Il Giornale di Letterefilosofia.it)
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