*recensione pubblicata per Cinemonitor: https://cinemonitor.it/john-mcenroe-limpero-della-perfezione-video-essay-sul-maestro-dellinatteso/
Se è vero che fare cinema equivale a scolpire il tempo, il tennista John McEnroe è stato un grande regista di sé stesso. Lo dimostra Julien Faraut nel video-essay John McEnroe – L'impero della perfezione, distribuito in Italia da Wanted a partire dal 6 Maggio. Il film di Faraut smonta e ricostruisce idee ed intuizioni di Jean-Luc Godard, Serge Daney e Gil de Kermadec con l'obiettivo di ricomporre, tassello dopo tassello, il complesso mosaico dedicato a McEnroe. Fino a giungere al pezzo mancante, l'introvabile sublime.
Tutto inizia da una pantomima in bianco e nero. Si tratta di una serie di filmati realizzati a scopo didattico da Gil de Kermadec, sportivo e regista, votato sin dagli anni Cinquanta all'obiettivo dell'analisi dei movimenti e alla loro perfetta riproducibilità. Questi filmati, ritrovati tra gli archivi dell'Institut National du Sport, de l'Expertise e de la Performance, erano incentrati unicamente sull'insegnamento e sullo studio dei gesti atletici dei tennisti da parte di un istruttore. Ben presto, tuttavia, de Kermadec si accorge che la registrazione di una realtà costruita non è in grado di ripetere l'immediatezza del gesto e di restituire, quindi, l'unicità dello stile dei singoli tennisti. Per questo motivo, l'uomo inizia a dedicarsi alle riprese dei movimenti dei singoli atleti, volgendo la macchina da presa verso John McEnroe, il meno inquadrabile di tutti dalla gabbia di un obiettivo. E, in questo documentario, Julien Faraut ha raccontato l'ossessione nei confronti della perfezione da parte del tennista e di de Kermadec, per cui riprendere McEnroe dev'essere sembrato la svolta di una vita, il raggiungimento del segreto alla base del cinema.
È il 1984. John McEnroe è all'apice della sua carriera. Viene da un'annata in cui ha vinto quasi ogni
Tutto inizia da una pantomima in bianco e nero. Si tratta di una serie di filmati realizzati a scopo didattico da Gil de Kermadec, sportivo e regista, votato sin dagli anni Cinquanta all'obiettivo dell'analisi dei movimenti e alla loro perfetta riproducibilità. Questi filmati, ritrovati tra gli archivi dell'Institut National du Sport, de l'Expertise e de la Performance, erano incentrati unicamente sull'insegnamento e sullo studio dei gesti atletici dei tennisti da parte di un istruttore. Ben presto, tuttavia, de Kermadec si accorge che la registrazione di una realtà costruita non è in grado di ripetere l'immediatezza del gesto e di restituire, quindi, l'unicità dello stile dei singoli tennisti. Per questo motivo, l'uomo inizia a dedicarsi alle riprese dei movimenti dei singoli atleti, volgendo la macchina da presa verso John McEnroe, il meno inquadrabile di tutti dalla gabbia di un obiettivo. E, in questo documentario, Julien Faraut ha raccontato l'ossessione nei confronti della perfezione da parte del tennista e di de Kermadec, per cui riprendere McEnroe dev'essere sembrato la svolta di una vita, il raggiungimento del segreto alla base del cinema.
È il 1984. John McEnroe è all'apice della sua carriera. Viene da un'annata in cui ha vinto quasi ogni
singolo match giocato e che lo proietta nell'Olimpo dei grandi dello sport. Il lavoro di de Kermadec restituisce ogni singolo tic del tennista, i proverbiali scatti d'ira, l'armonia e l'eleganza della sua battuta da fondo campo e, più di ogni altra cosa, la sua capacità di manipolare il tempo. A proposito di McEnroe, Bjorn Borg ha affermato: «McEnroe è il maestro dell'inatteso». Insomma, del grande segreto legato alla ripetitività e, allo stesso tempo, della casualità dello scorrere del tempo. La sua dote principale, infatti, consisteva nella straordinaria varietà dei colpi con cui affrontava i suoi avversari. Guardando il documentario, ciò che colpisce della danza tantrica del tennista consiste proprio nella magica convivenza tra rilassatezza dei movimenti ed irascibilità caratteriale. Il ralenti mostra l'armonia del gesto tecnico trovata dentro la propria imperfezione, schiudendo una verità non percepibile dall'occhio umano.
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