Questo terzo episodio della trilogia stand-alone dedicata al personaggio di Thor spezza l'uniformità del Marvel Cinematic Universe. Giunti al diciassettesimo film, Kevin Feige e co. compiono la coraggiosa mossa di coinvolgere un regista proveniente dal mondo del cinema indipendente neozelandese: Taika Waititi, noto ai più per aver diretto l'acclamato What we do in the shadows, mockumentry sulla vita di quattro vampiri. Il tono grottesco e nonsense era il minimo che potevamo aspettarci da questo nuovo episodio di Thor.
Ciò che più colpisce risiede, però, nella femminilizzazione del personaggio interpretato da Chris Hemsworth e, in genere, dei protagonisti maschili del film. A Thor viene distrutto il martello (è evidente la carica fallica che assume) e vengono tagliati i capelli (la sua mascolinità viene intaccata); si trova, inoltre, a dover trattare con personaggi femminili più forti ed astuti di lui. Da una parte, Hela, la dea della morte, liberata dopo millenni di prigionia; dall'altra, Valchiria, una guerriera autoreclusasi sul pianeta Sakaar per nascondere un passato da cui vuole fuggire. Gli altri uomini sono goffi e ridotti a soavi macchiette: Hulk non veste i panni di Bruce Banner da più di due anni e ha perso il controllo sulla propria parte razionale, Loki è un semplice pretesto per i momenti di ironia e il Gran Maestro di Jeff Goldblum è un clown goliardico ed esilarante. Lo stesso Thor diventa un semplice umano, protagonista di numerose scene slapstick, incapace di incarnare l'eroe classico.
A contribuire alla riuscita del film si unisce anche la delineazione del pianeta Sakaar, tra District 9 e Mad Max, con un pizzico di Wall-E dei Pixar Studios, abitato da strani mostriciattoli che aiuteranno l'eroe principale nel percorso verso la redenzione. L'attenzione dedicata alla figura di Thor finisce per andare a scapito di Hela, che entra da temibile dea della morte ed esce di scena da personaggio quasi defilato. La parabola di donna protagonista forte non è del tutto compiuta. In effetti, Thor: Ragnarok è qualcosa di totalmente diverso da quanto visto finora nel contesto del Marvel Cinematic Universe?
No. Il tono guascone rimane e volge al parossismo, trasformando divinità in esseri umani che si incontrerebbero per strada quotidianamente. I personaggi Marvel hanno ben poco di supereroistico, non hanno dubbi sui propri poteri nè si interrogano sulla propria identità. La debolezza del versante mitologico e della forza del racconto inficia, come al solito, film del genere. Lo spettatore non percepisce il coraggio e la potenza di questi personaggi. E si tratta di un grave limite che, nonostante lo sfilacciamento del DC Cinematic Universe, non ha ancora colpito i grandi rivali della Marvel.
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