Partiamo da un presupposto difficilmente controvertibile. IT di Stephen King è un pilastro dell'immaginario collettivo ed è impossibile che chi ha definito fino ad una ventina di anni fa l'autore del Maine come un maestro della prosa post-alfabetizzata possa negare un dato del genere. A maggior ragione in un periodo come il nostro, dominato dalla nostalgia degli anni '80 e in cui fioccano gli omaggi alla cultura di quel periodo. Super 8 e Stranger Things non sono altro che derivazioni di quell'universo creato da E.T., Explorers, Gremlins, Mamma ho perso l'aereo e I Goonies. Il paradosso è che un capostipite come IT, nella versione di Andy Muschietti, si ritrovi a percorrere lo stesso binario intrapreso da una serie-tv come Stranger Things. I fratelli Duffer imitano gli anni '80 e gli anni '80 nella ricostruzione del 2000 si sono ritrovati ad imitare i fratelli Duffer. Ma cortocircuiti del genere, in un periodo che riflette su sè stesso, sul proprio nostalgico passato e, soprattutto, sul suo futuro, sono diventati la norma.
Ciò che è sicuro è che, come accade con ogni romanzo fiume che si lega in modo così saldo all'immaginario collettivo, ognuno di noi ha dato vita ad una personale rilettura di IT, che vive nel rapporto con il proprio pubblico. Andy Muschietti non era chiamato semplicemente a tradurre in immagini l'universo kinghiano (che più di ogni altro si è prestato a (ri)letture del genere) ma soprattutto a misurarsi con un precedente adattamento per la tv (quello degli anni '90) legato alla figura iconica di Tim Curry ed incastonato nel cuore dei puritani e con un'idea, che sia ben precisa o dai contorni sfumati poco importa, che ogni fan di Stephen King si è fatto del romanzo.
La storia è nota: tutto ha inizio da una barchetta di carta di giornale costruita da Bill Denbrough per il fratellino Georgie, che segue la corrente d'acqua creata da un diluvio torrenziale lungo le vie di Derry, fino a precipitare all'interno di un tombino, da cui fuoriesce Pennywise, un mostro che esiste dal principio dei tempi e che ogni 27 anni rinasce per placare la sua fame millenaria. Inizia, quindi, una battaglia lunga 28 anni, tra il Club dei Perdenti (Bill, Ben, Beverly, Eddie, Stanley, Mike e Richie) e Pennywise. Applicando al romanzo di King una sintesi estrema, la vicenda principale è questa. Contornata dalla presenza di una cittadina dai cui anfratti escono mostri e multiformi follie, esistenze turbate, pezzi rock e coinvolgenti ballate country. Con unico caposaldo: (giovani) uomini in lotta con il lato oscuro del (loro) mondo, alle prese con una realtà che viene ingurgitata, digerita e sputata dal Male. Personaggi che gareggiano (in sella alla propria Silver) contro il diabolico Tempo, provando ad intervenire sulla terribile linearità delle vicende, sperando nell'aiuto di una qualche Tartaruga, arbitro super partes delle vicende universali che può semplicemente palesarsi come fede infantile e scriteriata.
E' un meccanismo perfetto e bilanciato di voci ed echi che fanno da rotelle e leve, onirico orologio che rintocca oltre il vetro degli arcani che chiamiamo vita (...). Un universo di orrore e smarrimento circonda un palcoscenico illuminato, sul quale noi mortali danziamo per sfidare le tenebre.
Uomini ordinari in preda ad eventi straordinari. Una semplice elaborazione del lutto si trasforma in fuga dalla follia del Male che, prima di ogni cosa, alberga dentro ognuno di noi.
A questo punto, diventa pleonastico continuare ad esplorare un romanzo potenzialmente in grado di fornire innumerevoli spunti di riflessione. Il film di Andy Muschietti applica un'inevitabile normalizzazione e linearizzazione del testo narrativo, collocandosi nell'alveo del cinema di genere horror. Tutte le divagazioni originarie vengono eliminate a favore della costruzione di un racconto che alterna il proprio focus sulla genesi del rapporto d'amicizia tra i singoli componenti del Club dei Perdenti e sulle apparizioni di Pennywise. Il primo punto è perfetto: ci sono abbracci, lacrime, paure, confessioni, sangue e sguardi che non lasciano mai indifferenti (la sequenza del primo incontro tra Ben e Beverly è un tuffo al cuore). Nell'ambito del secondo punto, è stato un peccato aver ridotto il mostro ad un semplice mostro, da combattere fisicamente, nell'ultimo atto del film. Ma, in fin dei conti, era davvero difficile fare meglio e IT, evitando banali paragoni con il materiale di partenza, funziona benissimo nella sua semplificazione.
In questo adattamento del 2017, Bill ha battuto il Diavolo. Aspettiamo con trepidazione Settembre 2019, sperando che le difficoltà della vita non abbiano intaccato la purezza dei Perdenti.
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