Parigi, 1967. Jean-Luc Godard, uno dei cineasti più adorati della sua generazione, gira La cinese con la donna che ama, Anne Wiazemsky, una ragazza più giovane di lui di 20 anni. I due sono venerati dalla critica, sono felici e si sposano. Tuttavia, l'accoglienza critica e del pubblico riservata al film non è all'altezza delle aspettative. La delusione, unita al Maggio '68, amplifica il processo di crisi che attanaglia Godard e che lo porterà ad un ripensamento su sé stesso ed alla messa in discussione delle sue idee sul cinema.
Il mio Godard di Michel Hazanavicius trova la propria genesi in questo momento ed intraprende un viaggio volto ad immortalare il cambiamento di Godard da cineasta star ad artista maoista fuori dal sistema, incompreso ed irascibile. Il ribaltamento di prospettiva avrà anche delle conseguenze sulla vita privata del regista e sul rapporto con la Wiazemsky. Presentato all'ultima edizione del Festival di Cannes, il film di Hazanavicius è andato incontro ad un'accoglienza critica tiepida. Lo strumento maggiormente utilizzato dal regista transalpino nel corso della narrazione è quello della parodia e, al contempo, dell'omaggio garbato. Riprendendo, quindi, le stesse tecniche utilizzate nel 2011 in The Artist per (ri)semantizzare i film di Chaplin e Buster Keaton, simulandone le modalità di sviluppo del racconto e la forma filmica. Allo stesso modo, Il mio Godard è diviso in una serie di capitoli a cui Hazanavicius applica il linguaggio sperimentale degli anni '60: colori accesi in stile Pierrot le fou, cartelli e scritte in sovrimpressione, voci fuori campo che parlano in terza persona, scavalcamenti di campo e jump-cut. Tutto ciò viene messo al servizio di un racconto che si configura, in fin dei conti, come una semplice commedia sentimentale.

Nessun commento:
Posta un commento