Un film di Nicolas Winding Refn. Con Elle Fanning, Jena Malone, Bella Heathcote, Abbey Lee, Keanu Reeves, Christina Hendricks, Desmond Harrington. USA/Francia 2016. Durata: 117 minuti.
-Io non faccio film. Io creo esperienze-.
Questa è la frase simbolica che ha segnato in maniera indelebile la conferenza stampa di The Neon Demon, decimo film del danese Nicolas Winding Refn con protagonista Elle Fanning.
La storia di Jesse, aspirante modella alla ricerca di una carriera in una Los Angeles che ricorda molto quella di Cronenberg in Maps to the Stars, ha scandalizzato Cannes come e forse più di Solo Dio perdona.
L’uomo che aveva stregato tutti con Drive in pochi anni è riuscito a distruggere il mito costruito con quel film e ri-creare il proprio, diventando il regista di culto della generazione nata nella prima metà degli anni ‘90. L’inconsapevolezza generale aveva portato a un grande fraintendimento: il vero Refn (in parte quello del passato e quello che avremmo visto nel futuro) non era il Refn di Drive, bensì quello di Valhalla Rising e Bronson.
A differenza della protagonista del suo ultimo lungometraggio, alla ricerca di una propria identità, Refn sa perfettamente quale sia la propria; il suo cinema è sempre in bilico tra bellezza estrema e il trash, la raffinatezza e la volgarità, l’eccesso e la sottrazione. Ed ha veramente senso solo se lo si intende in questa sua doppia accezione.
Certamente ci si può lasciar trasportare da un certo gusto che anima la messa in scena di NWR (come nel caso della sequenza iniziale, manifesto programmatico di tutto il film: la bellezza pura sacrificata sull’altare della lussuria, mentre uno sguardo esterno e pieno di bramosia la osserva e la immortala desiderandola) o magari cedere al fascino delle sue provocazioni (e bisognerebbe capire anche questo: quanto contano per lui lo scandalo e la provocazione) ma la visione che se ne avrebbe in questo caso sarebbe comunque parziale e distorta.
Non si deve fare l’errore però di vedere qualcosa di più rispetto a ciò che è presente in The Neon Demon (e in tutto il cinema del regista danese); tutta l’opera di Refn è all’insegna dell’autoreferenzialità, di manie, pulsioni e fantasie personali. -Sono ossessionato da me stesso nel mio lavoro. Bronson era una sorta di autobiografia- ha affermato in conferenza, e ancora: -La grande creatività è narcisismo all’estremo-.
Il suo è un cinema proiettato verso il futuro, come lui stesso ammette (-Ho visto il futuro molti anni fa. Faccio sempre film per il futuro-), impulsivo e sì ragionato, ma in maniera molto astratta; è lontano dalla citazione fine a se stessa, anche se di certo ci sono molti elementi che rimandano a David Lynch, Mario Bava e Suspiria di Dario Argento, il tutto condito dalla benedizione dei tarocchi di Jodorowsky (interpellato ogni settimana durante le riprese).
Anche la componente simbolica non va certo sottovalutata (il triangolo, la luna, i vari personaggi che rappresentano diversi aspetti della bellezza e della sessualità … ), così come la volontà di creare film che vadano oltre i generi, oltre le forme canoniche, oltre le storie stesse.
Il primo passo per cercare di capire Refn è di essere consapevoli di non poterlo capire mai fino in fondo.
Il futuro che dice di aver visto l’ha visto solo lui, appunto, quindi tutti noi ne saremo sempre estranei; dovremo rassegnarci ad essere ipnotizzati dalle sue immagini, incapaci di distogliere lo sguardo anche quando ci faranno ribrezzo, anche quando avremo paura di essere stati presi in giro, quando le note di Cliff Martinez ci scuoteranno dentro, ma soprattutto ogni volta che ci renderemo conto di essere di fronte ad uno dei talenti puri più cristallini degli ultimi vent’anni.
Mannaggia, ma avete già visto tutti The Neon Demon! Bisogna mi metta in pari :(
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