Un libro, un’ossessione e
tre linee spazio-temporali differenti. Sono questi gli ingredienti fondamentali
di Fantasticherie di un passeggiatore
solitario, diretto da Paolo Gaudio, uscito nelle sale poche mesi fa e
selezionato tra i lungometraggi in concorso alla quarta edizione del
LatronicHorror, dopo aver già vinto svariati premi in festival internazionali
italiani ed esteri. La storia si basa su un ardito intreccio tra tre epoche
diverse: quella di uno scrittore alle prese con un demone intrappolato, con il
fantasma della sua sposa e con un libro bigger
than life che dà il titolo al film; di uno studente di filosofia nella Roma
dei nostri giorni che trova nei suoi amati libri una fuga dalla mediocrità
della vita quotidiana; e, infine, il contesto atemporale e in stop-motion del protagonista del libro.
Il montaggio sfrutta sapientemente l’accostamento delle tre situazioni,
spingendo lo spettatore a partecipare attivamente alla narrazione all’interno
della quale, tra l’altro, è possibile anche mettere in atto un’ulteriore
suddivisione. Sorge spontaneo, infatti, pensare che l’ambiente contemporaneo
equivalga allo stato di veglia, mentre il racconto in stop-motion che vede protagonista il personaggio principale del
romanzo sia da accostare allo stato del sonno (e del sogno).
Tra echi burtoniani ed
omaggi ad Edgar Allan Poe e a Friedrich Nietzsche, Fantasticherie è un bel viaggio verso la terra dei sogni, che
vorrebbe puntare alle viscere, attingendo ai sacri archetipi così fondamentali
per ogni nucleo culturale, rielaborandoli ed omaggiandoli. In questo film c’è
molto dell’infanzia dei nati tra gli anni ’80 e i ’90 che avranno la
possibilità di compiere un’immersione in un mondo che, a tratti, ricorda anche
la fantasia artigianale di Michel Gondry e della sua arte del sogno. E il faticoso esperimento di Gaudio funziona per
questo, nonostante qualche forzatura di troppo a livello di scrittura e di
recitazione. Per il modo in cui si sporca le mani trasformando i sogni in
realtà, le ombre del cinematografo in oggetti reali. La paura in un
viaggio-rito di iniziazione sul potere salvifico delle storie. Che coinvolge ed
attrae il suo protagonista. Ma che, probabilmente, lo rende anche sua vittima. In
attesa del bacio di una sposa («Grazie per avermi salvato la vita, Story») che
possa continuare ad alimentare la sua imperitura fantasia.
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