di Egidio Matinata
Un film di Michael R. Roskam. Con Tom Hardy, Noomi Rapace, James Gandolfini,
Matthias Schoenaerst, John Ortiz. USA 2015. Noir,
drammatico. 106 minuti.
Dennis Lehane è una delle fonti a cui il cinema
americano sta attingendo a piene mani dal 2000 a questa parte; da suoi romanzi
sono stati tratti film del calibro di Gone
Baby Gone, Mystic River e Shutter Island.
Arriva ora in sala Chi è
senza colpa, tratto da un suo racconto breve (Animal rescue), ambientato in una Brooklyn fredda e cupissima, dove
le vite del barista Bob (Tom Hardy), di suo cugino Marv (James Gandolfini) e di
Nadia (Noomi Rapace) si muovono sul sottile filo dell’incertezza e della paura;
il dominio pressante sul bar da parte di malavitosi ceceni e una rapina finita
male faranno precipitare definitivamente la vicenda nella violenza e nel
sangue.
Partendo da un soggetto noir/drammatico a tinte pulp
che non spicca propriamente per originalità, il regista Michael R. Roskam è
riuscito comunque a costruire un film solido e coinvolgente, per diversi
motivi. La sua regia non è mai banale e riesce, insieme all’ottima fotografia,
a creare immagini fortemente suggestive, e insieme al montaggio e al sonoro, a
creare un clima di tensione che si protrae per tutta la durata del film. La
macchina da presa segue costantemente i personaggi da una distanza ravvicinata,
ed è qui l’intuizione che rende il film non banale, quella di mettere la storia
al servizio dei personaggi.
E di fondamentale importanza sono le
interpretazioni attoriali, tutte di primo livello. Il compianto James
Gandolfini si congeda con un’ottima prova, dando vita al personaggio che più di
tutti è lo specchio del mondo in cui è immerso; un corpo stanco, provato dalla
vita, sia interiormente che esteriormente. Tom Hardy, dimostrando una certa
bravura anche nella scelta dei ruoli, si sta costruendo una filmografia molto
varia e si conferma sempre più come una certezza; Bob è un uomo mite
all’apparenza, ma che nasconde un lato oscuro e violento che affiora per pochi
attimi, e Hardy riesce a rendere perfettamente questa dualità sullo schermo. Buone
anche le prove di Noomi Rapace e di Matthias Schoenaerst, anch’essi succubi di
un passato e di un presente burrascoso, ai quali però rispondono in maniere
opposte. Da non sottovalutare poi l’importanza del piccolo pitbull Rocco,
animale che non rimane un mero strumento accessorio, ma un ingranaggio
fondamentale nella struttura narrativa.
The
Drop
(titolo originale che si riferisce ai “drop bar”, utilizzati per il riciclaggio
di denaro sporco) è un ottimo film di genere, costruito con intelligenza, capace
di coinvolgere ed emozionare lo spettatore. Un ritratto cupo di un’America
decadente, di luoghi in cui l’ “american dream” sembra non aver mai messo piede,
regolati da leggi proprie e popolati da personaggi succubi di un’esistenza
precaria. Duro, per niente consolatorio, ma non privo di speranza.
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