Dove eravamo rimasti?
Nel DC Extended Universe di Zack Snyder, Dio è morto e Cristo si è fatto Uomo, tra eccessi barocchi che riescono a far convivere, nonostante la contrapposizione, formalismo e realismo più estremi. Stavolta, tocca a Diana Prince scendere in campo e a noi spettatori assistere alla sua genesi (Diana, come il Clark Kent di Man of Steel, non è ancora Wonder Woman, non si è affermata come simbolo). Dopo un prologo ambientato a Themyscira, isola nascosta da Zeus ai confini del mondo per proteggere le Amazzoni dal mondo corrotto degli uomini, Diana Prince intraprende il suo percorso di educazione sentimentale.
Detonatore della vicenda? Il pilota americano Steve Trevor che, precipitato in mare con il suo aereo, viene soccorso dalla figlia della regina delle Amazzoni. Il grande conflitto che, secondo il racconto di Steve, imperversa in tutto il mondo potrebbe essere orchestrato da Ares, Dio della Guerra. Cosa fare? Assumere un atteggiamento distaccato o scendere, ancora una volta, sulla Terra e sporcarsi le mani a causa della corruzione e delle passioni umane?
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Il mondo degli esseri umani è diverso dall'isola di Themyscira, probabilmente non è più in grado di ascoltare e di credere. Le leggende e le mitologie sono ben lontane dal clima di terrore e di disperazione che regna durante la Grande Guerra. Ecco che, nonostante tutte le debolezze legate alla trama e la tensione pressochè assente, Wonder Woman è come la sua protagonista: ingenuo ma affascinante, candido e corposo, un cortocircuito che rischia di precipitare ma a cui affidarsi totalmente, con un senso di fede, stupore e meraviglia che è sempre più difficile trovare in giro.
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