Sorprendentemente, è
diventato sempre più usuale andare al cinema a vedere blockbuster americani con
aspettative piuttosto basse e restare pienamente soddisfatti,
contrariamente anche alle più ottimistiche ipotesi. Negli anni 2000 il fantasy
è un terreno che è stato ampiamente modellato dalla creatività visiva di Peter
Jackson che ha trasposto sullo schermo la saga de Il Signore degli Anelli,
tratta dai romanzi di J.R.R. Tolkien. Insomma, visti gli elevati risultati
qualitativi raggiunti, è inevitabile che qualsiasi cineasta che voglia
eventualmente dedicarsi a tale genere si misuri con quanto fatto da Jackson.
Anche Duncan Jones, già autore di Moon e Source Code, nonché uno dei più
interessanti volti nuovi nel panorama della fantascienza americana, ha pescato
a piene mani dalle convenzioni del genere.
Appunto, il cinema di
genere funziona perché è ben radicato nell’immaginario collettivo, è costruito
a partire da basi solide e dedica profonda attenzione allo sviluppo della
storia narrata. Poi, in modo particolare, Warcraft, nonostante l’inevitabile
traslazione spaziale e temporale mutuata dai videogiochi della Blizzard, narra
di mondi in contrasto, di patti, alleanze, violazioni di confini, di rituali,
di cerimonie e di gruppi sociali. Quindi, la sensazione che il genere sia un
filtro attraverso cui rileggere la realtà sociale attraverso personaggi
stereotipati e convenzionali (evitando di considerare il lato negativo dei
termini) è abbastanza palese.
Da una parte c’è il mondo
morente degli orchi. Dall’altra, quello degli esseri umani. I primi decidono di
invadere le terre popolate dai secondi, sfruttando un portale magico che
collega i due scenari e guidati da un potentissimo stregone nutrito dal Vil,
una magia oscura che corrompe con l’eccesso di potere che dona. La delineazione
dei personaggi secondari (il Re, il Guardiano, il guerriero dall’animo focoso)
rispetta completamente gli standard del genere fantasy e, probabilmente, è in
questi che risiede il punto debole del film. L’arco narrativo di molti di loro
non è pienamente soddisfacente, la loro evoluzione nella storia narrata non
convince del tutto. Allo stesso modo, dispiace che Warcraft si ponga
semplicemente come il primo episodio di quella che promette essere una nuova
redditizia saga. Molte story-line secondarie sono mantenute aperte e la
sensazione finale non è quella di quadratura del cerchio, lo spettatore avverte
una certa insoddisfazione complessiva.
Peccato, perché, come
detto, il film di Duncan Jones funziona sul versante visivo, nella piena
commistione tra analogico e digitale e nella gestione della CGI, invadente ma
mai fastidiosa. Il mondo di Warcraft è una sorta di Pandora, una terra schiusa
dalle tecnologie digitali, che mostra il proprio lato più irreale ma che non
dimentica mai l’essere umano e l’ossatura basata su un solido racconto. Jones
ha, più o meno, messo in riga tutte le carte giuste per la creazione di una
nuova mitologia. Non ci resta che attendere i prossimi episodi e sperare in una
gestione dei personaggi più adeguata.
Nessun commento:
Posta un commento