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giovedì 25 dicembre 2014

BIG EYES

di Egidio Matinata
 
Un film di Tim Burton. Con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Jason Schwartzman, Terence Stamp, Jon Polito. Biografico, USA 2014. Durata 104 minuti.

Tim Burton torna dietro la macchina da presa due anni dopo Frankenweenie, decidendo di raccontare la storia di Margaret Keane, sceneggiata da Scott Alexander e Larry Kareszewski, già collaboratori del regista statunitense in uno dei suoi lavori più belli, Ed Wood.
Il film racconta l’incredibile storia vera di una delle più leggendarie frodi artistiche della storia. A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, il pittore Walter Keane raggiunse un enorme e inaspettato successo, rivoluzionando la commercializzazione dell’arte con i suoi enigmatici ritratti di bambini dai grandi occhi. Finché non venne a galla l’assurda verità: i quadri erano opera di Margaret, sua moglie.
Gli outsider, i personaggi al limite o emarginati sono sempre stati al centro del cinema di Tim Burton, quindi si può ben capire perché abbia deciso di avvicinarsi a questo progetto, essendo anche amico della pittrice da diversi anni. Quest’ultimo non è un elemento da sottovalutare nella resa finale del film: infatti sembra quasi che abbia deciso di tenere a bada il suo estro visionario restituendo allo spettatore la storia in sé, senza ulteriori rielaborazioni personali. Avrebbe giovato, dal punto di vista della scrittura, invece della voice over del giornalista che ha seguito tutta la storia dei coniugi Keane, il racconto in prima persona di Margaret, concentrando maggiormente l’attenzione sulle ossessioni di questa donna, le cui incertezze e debolezze sono ben rese sullo schermo da Amy Adams. Non si può dire lo stesso di Christoph Waltz, il quale, eccessivamente sopra le righe, non riesce a trovare la chiave per interpretare Walter, diventando in modo sempre più preoccupante una brutta copia di se stesso nelle sue interpretazioni migliori.
Il film resta un buon biopic; ottimo se ci si dimentica che è stato girato da Burton, il cui tocco si vede a sprazzi a inizio film e nelle scene in cui la protagonista, in crisi, comincia a vedere i grandi occhi che dipinge sui visi delle persone che la circondano. Anche il tema dell’arte e della sua legittimazione in quanto tale da parte del giudizio dei critici non viene affrontato come dovrebbe. Nel finale di Ed Wood, in cui il regista riceve il riconoscimento mai avuto in vita, si possono trovare tutte le risposte ai quesiti posti da Big Eyes, un buon film che arriva nel momento sbagliato tra le mani di uno dei registi più visionari degli ultimi trent’anni, in una fase calante della sua carriera.

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