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martedì 5 novembre 2019

GLI UOMINI D'ORO

di Matteo Marescalco

Torino, 1996. Luigi è un impiegato postale con la passione per il lusso e le belle donne. L'uomo sogna la baby pensione e il trasferimento in Costa Rica, dove mille lire valgono molto più che in Italia. Quando il sogno si dissolve prematuramente, Luigi scopre di essere disposto a tutto pur di evitare i trilli mattutini quotidiani della sveglia e le conseguenti lamentele. Così, architetta un piano perfetto e un disegno criminale per cui avrà bisogno dell'aiuto del suo migliore amico, Luciano, ex postino quarantenne insoddisfatto, e, soprattutto, dell'ambiguo collega Alvise, tutto casa e famiglia e con una vita apparentemente priva di scosse. A entrare nella banda sarà anche il Lupo, un ex pugile legato sentimentalmente a Gina e a Boutique, un couturier d'alta moda con un'insospettabile doppia vita. Il crimine, tuttavia, non si addice alle vite di tutti e il gioco si rivelerà fin troppo pericoloso.
Il film di Vincenzo Alfieri è tratto da una storia vera che ha incuriosito il regista durante la lettura di un articolo di Repubblica del 1996 in cui il giornalista Meo Ponte diceva: "Se ne facessero un film, comincerebbe come I soliti ignoti di Monicelli e finirebbe come Le iene di Tarantino". L'articolo giornalistico parla di persone comuni, fragili, vittime della loro epoca e dei loro sogni. Ciò che ha affascinato il regista in modo particolare è consistito nella scoperta di come sia stato possibile mettere a segno un colpo del genere ed incredibilmente redditizio. Da questo dettaglio ha avuto inizio la preparazione di un film che porta in scena una serie di personaggi che, allontanandosi dal modello di vita che gli appartiene con l'obiettivo di migliorare le loro condizioni socio-economiche, finiscono col soccombere. 

Benchè fortemente debitore nei confronti di Smetto quando voglio, questo particolare heist-movie trova una sua originalità nelle scene di montaggio e nel racconto frammentato in relazione ai diversi punti di vista di Luigi, Alvise e del Lupo. Il rapporto tra commedia all'italiana funziona molto bene, soprattutto in corrispondenza della stretta finale, che restringe i tempi e trascina lo spettatore in un vortice che si fa seguire molto volentieri.

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