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venerdì 18 settembre 2015

THE GREEN INFERNO

di Matteo Marescalco

I cannibali sono tornati!
Dopo Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, tocca ad un altro grande amico del regista di Pulp Fiction riallacciarsi al filone italiano dei film di genere.
Già autore del bel Cabin Fever, debitore di Un tranquillo week end di paura di John Boorman, e dei terribili torture-porn Hostel ed Hostel II, Eli Roth è tornato dietro la macchina da presa per dirigere The Green Inferno, presentato all'ottava edizione del Festival del Film di Roma, durante la quale, l'allora direttore artistico Marco Muller, noto amante di prodotti di genere, aveva anche dedicato una round-table a maestri italiani del cinema di genere quali Sergio Martino, Mario e Lamberto Bava, Enzo G. Castellari e Ruggero Deodato.
E al censuratissimo Cannibal Holocaust di Deodato sorge spontaneo pensare leggendo la trama di The Green Inferno.

Protagonista della vicenda è Justine, figlia di un membro dell'ONU che, per la prima volta nella sua vita, ha la possibilità di scendere in campo unendosi all'azione di un gruppo di attivisti con cui condividere un viaggio in Perù. Obiettivo: andare nella foresta amazzonica, incatenarsi a degli alberi che stanno per essere abbattuti e riprendere tutto con dei cellulari, in modo da postare il filmato sui social network e sensibilizzare l'opinione pubblica sull'accaduto.
Ma l'immaginario legato a questo genere ci ha insegnato che non sempre le tribù autoctone sono cortesi con gli stranieri.

Fin dai tempi del western e del contrasto tra wilderness dei popoli vergini e civilization dei conquistatori, si è affermato, nell'immaginario cinematografico, lo scontro tra due culture differenti. Una a far da padrona e l'altra da sottomessa. Nel corso del tempo, il cinema americano ha digerito la problematica storia del Nuovo Mondo, dal colonialismo alla conquista della Frontiera, dalla Guerra di Secessione fino ancora al fallimento del Vietnam. Cadaveri e fantasmi di un passato mai dimenticato che trovano la loro proiezione in tribù retrograde appartenenti a terre selvagge che non perdonano chi vi mette piede.

Il gruppo di giovani in vacanza (o con altri obiettivi) che si perde in una zona sconosciuta abitata da reietti umani è diventato lo standard per una determinata tipologia di prodotto che ha orientato sempre più se stesso verso la crudeltà più efferata. Il wrong turn movie ha portato in scena un'America selvaggia che riduce i propri figli che non prestano attenzione alle regole dello stato di natura in selvaggina e carne da macello.

In The Green Inferno, Eli Roth sembra mantenere una riflessione sull'avanzata del capitalismo solo superficiale che non vada ad inficiare il suo obiettivo principale: divertirsi. Mostrare i corpi martoriati, seviziare, violentare e disgustare lo spettatore. Peccato che, nonostante la cattiveria nei confronti dei personaggi occidentali, nel complesso, questo film sia stato parecchio gonfiato dalla campagna pubblicitaria e rappresenti un passo indietro rispetto ai due capitoli di Hostel.
Attendiamo, a questo punto, Knock Knock, dramma horror in cui agenti esterni malintenzionati irrompono in casa di uno sconosciuto. La tragedia, stavolta, colpisce il nostro cuore pulsante. E lo spettro irrisolto dell'11 Settembre è, ancora, dietro l'angolo.

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