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giovedì 19 dicembre 2019

PINOCCHIO

di Matteo Marescalco

Negli ultimi anni, Matteo Garrone ha più volte esplicitato il suo sogno di curare un nuovo adattamento di Pinocchio, tratto dal capolavoro di Carlo Collodi. E, nel corso del tempo, in effetti, ogni immagine del cinema dell'autore romano sembrava pulsare di debiti nei confronti del libro sopracitato: dal sogno del protagonista di Reality di abbandonare gli abiti da burattino per trasformarsi in essere umano vero, all'interno di uno show sotto i riflettori di tutto il mondo, a quelli di Marcello Fonte, un piccolo Pinocchio nato da una bottega e perdutosi tra le strade della periferia romana, popolata da Gatti e Volpi ben più pericolosi di quelli del classico collodiano. 

Quindi, in un certo senso, Garrone il suo Pinocchio lo aveva già fatto. Sta di fatto che, finalmente, Natale 2019 porterà al cinema il suo sogno più ostentato: ovvero, la trasformazione di un burattino di legno in essere umano e il rapporto con un padre che lo guarda con cecità e amore. Si, perché Pinocchio ha tanti elementi in comune con gli altri film diretti dal regista. A partire da quell'attenzione rivolta a tutto ciò che è materico, alla carne viva e pulsante, alla polvere, al legno ed alle superfici, senza mai scadere in mere illustrazioni. Le immagini del film pulsano di vita, grazie all'abile lavoro scenografico, e si trasformano anch'esse in personaggi ben caratterizzati e approfonditi. 

In secondo luogo, in un certo senso, è come se Pinocchio si muovesse in una sorta di reality, dove è seguito dagli occhi dei vari personaggi che incontra. Il Gatto e la Volpe lo osservano senza che lui se ne accorga e lo trascinano in un mondo di bugie e lo stesso vale per i caratteri che costellano le sue peregrinazioni. L'unico personaggio, per l'appunto, inconsapevole di questa sorta di show in cui si muove Pinocchio è proprio Geppetto, tanto lontano dal mondo dello spettacolo di marionette gestito da Mangiafuoco quanto distante dai vizi dei due tipi incarnati da Massimo Ceccherini e Rocco Papaleo. 

Ancora una volta dopo Il Racconto dei Racconti, Matteo Garrone torna alla dimensione fantastica, quella in cui è possibile trasfigurare il Reale, piuttosto che fare il contrario ed individuare tracce di fantasy nella contemporaneità. Insomma, Pinocchio è distante da un film quale L'imbalsamatore. Ma, in un certo senso, anche dal formalismo estetizzante dell'adattamento di Basile, dove si avvertiva una certa rarefazione dei sentimenti. Quest'ultimo film del regista romano risente del suo sguardo ma, allo stesso tempo, è alla ricerca di un target differente, a cui è concessa la libertà di un lieto fine. Si spazia dall'educazione sentimentale a quella scolastica, dalla ribellione a bozzetti astratti e pittorici, in cui le apparizioni immaginarie dominano i sentimenti e la messa in scena Probabilmente, ci si poteva aspettare un approccio ancora più di cuore. Però, rimproverare un film del genere, in grado di lavorare su un pubblico familiare pur mantenendo intatta la dimensione cinematografica del suo autore e di portare in vita una produzione così importante, sarebbe davvero ingiusto. Quindi, che ben vengano atti di coraggio del genere, sperando che il pubblico possa ripagarli! E, adesso, la palla passa nelle vostre mani.

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