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lunedì 27 marzo 2017

LIFE-NON OLTREPASSARE IL LIMITE

di Matteo Marescalco

*recensione pubblicata per Point Blank
 
[...] Kong: Skull Island, uscito al cinema poche settimane fa, ha invertito la rotta sottoponendo l'esistenza dell'essere umano (il residuo classico) all'elemento mostruoso e rovesciando completamente l'antropocentrismo  di Gravity di Alfonso Cuaron da cui Life: Non oltrepassare il limite si allontana ulteriormente. La prima sequenza, sulla falsa riga del long-take del film di Alfonso Cuaron, esplora lo spazio scenografico dell'astronave: uno sguardo totalmente impersonale, che riduce la macchina da presa ad un drone, mostra una serie di astronauti in attesa di un'operazione di recupero di campioni provenienti da Marte. La sequenza termina con il riflesso del volto del personaggio interpretato da Jake Gyllenhall in concomitanza con l'arrivo della navicella che trasporta i materiali marziani: elemento umano ed alieno iniziano a convivere nella stessa inquadratura, in una sorta di dissolvenza incrociata. Nel frattempo, sulla scorta di Billy Lynn di Ang Lee, il controcampo della missione ha assunto la dimensione di un evento globale, totalmente mediatizzato e trasmesso sugli schermi giganti di Times Square. Ma, ancora una volta, la verità non potrà essere colta da nessuno sguardo digitale, restando confinata nell'ambito di una capsula di salvataggio che funge da grembo materno per la creazione di un nuovo mostro che non ha solamente usufruito del supporto di un essere umano ma lo ha fagocitato, riducendolo al suo corpo e al suo intelletto. A differenza che in Gravity, in cui il percorso di crescita e di affermazione della propria identità portava lo spettatore a conoscere svariati aspetti dei personaggi con cui interagire, la prospettiva di Life rende pressoché pleonastico l'essere umano, vittima dell'elemento altro e mostruoso della narrazione. [...]. 

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