di Matteo Marescalco
Due
soli spettatori in sala sono una quantità davvero grama anche per lo
spettacolo delle 18:30 del giorno di debutto in un multisala
(l'unico) di Siracusa.
Attendevamo
con ansia il debutto dei The Pills al cinema, dopo anni di comicità
scriteriata e di ironia grottesca, ai limiti del non sense. Il trio
romano è noto al grande pubblico per aver realizzato (e caricato su
YouTube) due stagioni di web series sul mondo di tre giovani laureati
che trascorrono il tempo intorno ad un tavolo, nel sicuro cantuccio
bianco e nero del loro appartamento di Roma Sud, a cazzeggiare ed
impegnare le loro menti in discorsi assurdi e surreali.
Con
Pietro Valsecchi a garantire (e scommettere) e Luca Vecchi a
dirigere, i The Pills sperimentano il linguaggio del cinema.
Luca,
Luigi e Matteo sono tre ragazzi alle prese con la crisi dei 30 anni.
Luigi reagisce provando a rivivere episodi di vita adolescenziale,
occupa il liceo e si ostina ad ubriacarsi nonostante il fisico non lo
accompagni. Matteo è alle prese con le velleità artistiche del
padre, un 50enne che posta foto su Instagram e tenta la fortuna a
Berlino. Luca, last but not least,
è l'unico che, spinto da una ragazza, prova a lavorare. E ci resta
secco, venendo meno ad una promessa fatta con i due amici in giovane
età che si trovano costretti a far qualcosa per salvarlo dalla
terribile spirale del lavoro.
-Una
vita con la sveglia alle 7:30 non merita di essere vissuta!-.
Sempre
meglio che lavorare parte dal tormentone della nostra epoca che
caratterizza il punto di vista di molti giovani (disorientati, a dire
di alcuni) -non c'è lavoro per i giovani- e lo ribalta in chiave
comica -fuggiamo dal lavoro-. Attorno a questo assunto, il trio
romano costruisce una serie di sketch in cui vengono riprodotte le
dinamiche di molti loro lavori online ma che, nel frattempo, Vecchi,
Di Capua e Corradini provano ad organizzare in forma di racconto,
dotandoli della compattezza tipica delle narrazioni cinematografiche.
Purtroppo, il punto debole del film risiede proprio in questo
aspetto. Le dinamiche frammentate del web dominano la maggior parte
del lungometraggio che finisce per essere poco coeso e molto
sfilacciato. E' solo la seconda parte, costruita in maniera
preponderante sulle vicende lavorative di Luca, a giustificare
l'espediente del gioco cromatico tra colori e bianco e nero, e a
donare al film una certa scorrevolezza che manca durante la prima
ora.
Il
linguaggio episodico rischia di annoiare il grande pubblico poco
abituato allo stile web dei The Pills, che non si adatta del tutto al
cinema. Gli stessi protagonisti, ad eccezione di Vecchi, non sembrano
essere completamente a loro agio, appesantiti, forse, dalle forti
aspettative del loro pubblico e, ovviamente, dalle loro stesse
responsabilità.
Peccato
per questo parziale fallimento. Nonostante la buona regia di Vecchi,
le numerose citazioni (forme ludiche che, tuttavia, il racconto non
riesce ad equilibrare), ed alcune brillanti trovate, tra cui quella
dei tre protagonisti bambini e, come già detto, del gioco cromatico
in cui il bianco e nero identifica il fancazzista (ma amaro e
malinconico) angoletto fuori dal tempo.
Sempre
meglio che lavorare regala diversi momenti ben orchestrati ma,
definitivamente, perde l'immediatezza e la freschezza degli sketch
web. Insomma,
vi diamo un consiglio: andate a vederlo ma concentratevi sulle due
stagioni della web serie. Quella sì che è de Cristo. De Cristo, zì!
conosciuti allo Zummit non mi han mai convinto....la loro comicità è troppo figlia del loro tempo, dar questi soldi a Valsecchi mi sembra una minchiata...
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