di Matteo Marescalco
Chris
Evans torna ad indossare per la settima volta i panni di un supereroe
(I fantastici 4, I fantastici 4 e Silver Surfer, Captain
America-Il primo Vendicatore, The Avengers, Thor: The Dark World), in
Captain America: The Winter Soldier, sequel
dell'episodio del 2011 diretto da Joe Johnston, che ha lasciato il
timone del film ai fratelli Anthony e Joe Russo.
Dopo essersi risvegliato da un sonno criogenico di 65
anni circa, Steve Rogers, l'eroe americano senza macchia, continua a
servire gli USA, tramite lo S.H.I.E.L.D di Nick Fury. I due, dopo una
serie di attentati intimidatori, scoprono che, probabilmente, l'Hydra
(agenzia nazista nemica dello S.H.I.E.L.D.) non è stata del tutto
debellata ma si è infiltrata all'interno della stessa organizzazione
di Fury. Captain America dovrà vedersela con un nuovo temibile
nemico: il misterioso killer Winter Soldier. A fianco di Steve Rogers
si schierano Vedova Nera (interpretata da Scarlett Johansson) e
Falcon (Anthony Mackie). Tra tradimenti e colpi di scena (attenzione
all'interessante personaggio di Robert Redford!), sequenze ad alto
tasso d'adrenalina ed eccessiva verbosità, riuscirà Captain America
a salvare nuovamente gli USA?
L'ultimo cinecomic targato Marvel segna ulteriormente la
differenza che caratterizza i personaggi creati da Stan Lee da quelli
della DC Comics, o quantomeno, della loro trattazione cinematografica
(chi vi parla non è assolutamente un esperto di fumetti). Il 2005 è
stato un anno fondamentale per il genere dei cinecomic: con Batman
Begins, primo episodio della trilogia dedicata all'uomo
pipistrello, Christopher Nolan ha posto le basi per un nuovo
approccio al mondo dei supereroi. Da quel momento in avanti, i film
tratti dai fumetti della DC sono stati caratterizzati da una notevole
introspezione psicologica dei personaggi, eroi ambigui, spesso
ingiustamente rifiutati dalla società in cui operano, alle prese con
problemi legati alla loro identità, ai rapporti con il passato, alla
sottile linea di demarcazione tra Bene e Male, che convivono in loro
come due facce della stessa medaglia, elementi antitetici ma pur
sempre complementari.
I film tratti dai fumetti Marvel, al contrario, sono
stati caratterizzati da un approccio più “fracassone” e
spensierato, con particolare attenzione all'entertainment ed un grado
di introspezione psicologico inferiore dei personaggi che, in tal
modo, risultano, poco più che blocchi di marmo monoespressivi. Negli
ultimi anni, i registi che si sono accostati ai personaggi Marvel
hanno realizzato una serie di crossover e di film team-up,
lungometraggi segnati dalla presenza, nello stesso episodio, di
supereroi alleatisi, ma che, normalmente, agiscono separati. Ecco
delinearsi quello che è stato definito Universo Marvel, dimensione
spazio temporale immaginaria in cui si svolge la maggior parte delle
avventure
dei personaggi dei fumetti della omonima casa editrice
americana. Ragion per cui, a differenza della scrittura filmica degli
adattamenti della DC, che ha mantenuto un carattere maggiormente
legato alle modalità cinematografiche (sviluppo di una storia
orientata teleologicamente alla risoluzione di tutti (o quasi) gli
elementi in ballo), le trasposizioni Marvel sono state caratterizzate
dallo sviluppo di modalità seriali, potenziate dal fatto che gli
ultimi episodi sono stati supervisionati da autori provenienti dal
mondo della televisione (Joss Whedon su tutti). La conseguenza,
ovviamente, è che ogni episodio si pone come un tramite per il
successivo e come un mero strumento per portare avanti la vicenda
narrata.
Captain
America: The Winter Soldier risente
di tutte le debolezze dei precedenti film Marvel (con l'eccezione dei
primi due capitoli della trilogia di Spider Man di
Sam Raimi): vicenda molto semplice e lineare, personaggi monocordi e
provoloni, scadente approfondimento psicologico, bilanciata
alternanza tra scene d'azione spettacolari che risvegliano dal
torpore della prima ora di dialoghi, battute esilaranti per abbassare
ulteriormente il tono e complessiva velocità di scrittura che, tutto
sommato, lascia che i 135 minuti scorrano in modo abbastanza rapido
ed indolore.
Quest'ultimo
episodio è più riuscito del precedente grazie alle sfumature da spy
story, all'inserimento di due interessanti villain (appunto, The
Winter Soldier e Alexander Pierce, un sacrificato Robert Redford che
presta il suo volto ad un vecchio membro dello S.H.I.E.L.D., centro
focale della riflessione sull'ambiguità di chi detiene il potere
negli USA e sui compromessi su cui si regge la Repubblica americana,
a rischio implosione) e a scelte registiche che dimostrano un
miglioramento della messa in scena, tra piani sequenza, omaggi
citazionisti e scene d'azione riprese con il giusto dinamismo.
Voto: ★★1/2
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