Quarta
trasposizione cinematografica da un romanzo di Nick Hornby, dopo
Febbre a 90°, Alta fedeltà ed About a boy, Non buttiamoci giù è
il primo film inglese del regista francese Pascal Chaumeil, autore
dei recenti Il truffacuori e Un piano perfetto.
La storia
trova la sua genesi nella notte di Capodanno, quando quattro
sconosciuti, accomunati dalla volontà di suicidarsi, si incontrano
sul tetto di un grattacielo. Martin (Pierce Brosnan), Maureen (Toni
Colette), J.J. (Aaron Paul) e Jesse (Imogen Poots) arrivano ad un
compromesso: nessuno dei quattro si suiciderà per almeno sei
settimane e la notte di San Valentino si ritroveranno sullo stesso
grattacielo per fare il punto della situazione sulle loro vite.
Pierce Brosnan
è uno showman rimasto coinvolto in uno scandalo sessuale con una
minorenne che ha sconvolto la sua carriera, Toni Colette una madre
alle prese con un figlio gravemente malato, J.J. un pizza boy con un tumore al cervello e Jesse è la figlia di un ministro
inglese (Sam Neill), rimasta traumatizzata dall'improvvisa scomparsa
della sorella. I quattro, dopo aver tentato di speculare sul
non-evento che li ha coinvolti, decidono di andare in vacanza a
Tenerife per poi separarsi, a causa di una serie di divergenze, e
ritrovarsi, dopo aver percorso il cammino che li ha condotti ad una
presa di coscienza sugli eventi drammatici delle loro vite.
La
caratteristica peculiare e che rende commerciali i romanzi di Nick
Hornby risiede nella trattazione di vicende drammatiche in modo
ironico e nell'abile intreccio di amarezza e brio comico, che il
regista non è stato in grado di mantenere in questo adattamento.
L'alternanza di toni vede il prevalere, in molte scene, della corda
comica su quella tragica ed introspettiva; tutto ciò porta non solo
ad una semplificazione generale ma anche al venir meno
dell'equilibrio narrativo e della delineazione caratteriale dei
personaggi, le cui motivazioni psicologiche alla base dei loro gesti
restano, almeno in tre casi su quattro, un mistero. I pochi momenti
drammatici, inoltre, risultano terribilmente fittizi e sgradevoli,
collocati in modo posticcio in zone “erogene” del film con il
solo obiettivo di andare a stuzzicare, a livello empatico, lo
spettatore, favorire la sua identificazione con i personaggi della
vicenda (che restano, però, dei totali sconosciuti) e orientare la
storia verso l'immancabile happy ending finale. La diegesi è
caratterizzata da quattro capitoli, ognuno dei quali è dedicato ad
uno dei personaggi coinvolti nel mancato suicidio, che assume, in
quel frangente, il punto di vista narrante. Peccato, però, che
quest'operazione diegetica duri solo i primi cinque minuti di ogni
capitolo per poi terminare, nuovamente, nella più totale promiscuità
narrativa.
Pascual
Chaumeil ha il merito di aver realizzato la peggiore trasposizione da
un romanzo di Hornby. D'altronde, qualcuno, prima o poi, avrebbe
dovuto guadagnare questo titolo.
Voto: ★★
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