di Egidio Matinata
Un film di Clint Eastwood. Con Tom Hanks, Laura Linney, Anna Gunn, Aaron Eckhart, Sam Huntington. Biopic/Drammatico. USA 2016. Durata: 95 Min.
Il 15 Gennaio 2009, il mondo assiste al "Miracolo sull'Hudson" quando il capitano Chesley "Sully" Sullenberger effettua un atterraggio di emergenza col suo aereo nelle acque gelide del fiume Hudson, salvando la vita a tutti i 155 passeggeri presenti a bordo. Tuttavia, anche se Sully viene elogiato dall'opinione pubblica e dai media, che considerano la sua un'impresa eroica senza precedenti, le autorità avviano delle indagini che minacciano di distruggere la sua reputazione e la sua carriera.
Ho quarant’anni di volo alle spalle, ma alla fine, sarò giudicato in base a 208 secondi.
Questa battuta riassume in parte ciò che viene raccontato nel film: lo straordinario che irrompe nell’ordinario, e il modo in cui da quel momento ci si relaziona ad esso.
Il capitano Sully, accolto all’unanimità come eroe dopo l’ammaraggio sull’Hudson, sarà costretto a fare i conti con se stesso e con coloro che avrebbero voluto trovare una crepa all’interno di una manovra perfetta, seppure fuori da ogni schema o regola manualistica.
Non a caso il film mostra più volte simulazioni di volo che si risolvono in falsi e tragici tentativi di atterraggio che membri dell’aeronautica (forse alla ricerca a tutti i costi di un colpevole) erano convinti fosse possibile.
Giudici e boia (mascherati, in realtà) che però faranno l’errore di non tenere conto del fattore umano, altro tema portante della pellicola.
La storia, pur essendo straordinaria, viene raccontata facendo leva sull’umanità dei suoi protagonisti, senza voler premere il pedale della retorica, dell’enfasi o della spettacolarizzazione.
La sceneggiatura di Todd Komarnicki si lascia alle spalle qualunque schema da biopic classico per trovare una sua strada: la narrazione è semplice e diretta, ma non banale. La linea narrativa principale è perennemente interrotta da altre linee temporali e anche l’incidente viene decostruito più volte nell’arco dei novanta minuti. Tutto ciò non finisce per rendere il film frammentario, ma in realtà lo porta verso una coesione e concretezza maggiore.
E il volto che poteva dar vita ad una storia così profondamente umana non poteva che essere quello di Tom Hanks, il quale ha già dato modo nella sua carriera (anche recentemente con Captain Phillips) di poter impersonare l’everyman in una situazione fuori dall’ordinario.
Con Sully, Clint Eastwood si riconferma (come se ce ne fosse bisogno) uno dei più grandi maestri di cinema viventi. Il suo approccio alla materia trattata e l’opera in sé combaciano alla perfezione. Il film infatti è sobrio, sincero, diretto e senza sbavature.
Volendo, si potrebbe fare un paragone con Snowden di Oliver Stone, un buon film (con al centro un protagonista più problematico) che però eccede nel suo schierarsi da una parte per giungere ad una sorta di “beatificazione”.
Eastwood si limita a raccontare meravigliosamente bene, senza lasciare da parte le paure che questa storia evoca, ma con eleganza e pudore.
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