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venerdì 18 novembre 2016

LA MIA VITA DA ZUCCHINA

di Matteo Marescalco

In un contesto in cui la maggior parte dei film di animazione è realizzato tramite tecnologie digitali, un prodotto in stop-motion viene visto sempre con notevole sorpresa. Arriverà dal 2 Dicembre al cinema, distribuito da Teodora Film, La mia vita da zucchina, diretto da Claude Barras e scritto da Celine Sciamma (che ha tratto la sceneggiatura dal libro Autobiografia di una Zucchina di Gilles Paris), presentato trionfalmente alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes.
Protagonista del film è un bambino di 9 anni, soprannominato Zucchina, che dopo la morte della madre viene mandato a vivere in una casa famiglia: grazie all'amicizia di un gruppo di coetanei, tra cui spicca Camille, Zucchina riuscirà a superare ogni difficoltà, abbracciando infine una nuova vita. 

La mia vita da Zucchina, come giù detto, è un film d'animazione in stop-motion, una tecnica simile a quella dell'animazione tradizionale, in cui però i disegni sono sostituiti da pupazzi, filmati fotogramma per fotogramma. Dal momento che i pupazzi restano immobili quando vengono filmati, la fluidità dei movimenti e le sottigliezze espressive sono determinati dalla qualità dell'animazione. Il diretto dell'animazione del film è Kim Keukeleire, già animatore di alcuni dei capolavori in stop-motion degli ultimi anni, da Galline in fuga degli Studi Aarman a Fantastic Mr Fox di Wes Anderson, fino ancora a Frankenweenie di Tim Burton. Questo tipo di animazione così artigianale si ricollega direttamente ai primordi del cinema, al lavoro manuale sulla pellicola ed alla magia legata alla possibilità di creare sogni con le proprie mani. 

Per questo semplice ed apparentemente motivo, La mia vita da zucchina non fatica a scaldare l'animo dello spettatore, cui contribuisce la vicenda portata in scena, racconto di formazione che spazia da I 400 colpi a Belle e Sebastien. La grafica del film è, al tempo stesso, realistica nella delineazione degli ambienti e stilizzata nelle espressioni dei personaggi: i loro occhi enormi, spalancati sul mondo, danno un contributo essenziale all'empatia e alle emozioni. E' la stessa forma del film che contribuisce ad ancorare la narrazione alla realtà e a non slegarla in modo eccessivo dal mondo che vuole raccontare: nel cinema, spesso, gli orfanotrofi sono rappresentati come ambienti opprimenti, in contrapposizione al mondo esterno, sinonimo di libertà. Nell'orfanotrofio in cui trascorrerà molti suoi giorni, Zucchina ha modo di conoscere altri bambini vittime di violenze e di soprusi, che riescono tuttavia a reagire grazie alla forza dei sentimenti e della loro amicizia. Tutto ciò è raccontato da Barras e Sciamma senza cadere nel pietismo e nel politically correct ma infrangendo diversi tabù, tra cui quelli sul sesso e sulle vicende raccontate dal punto di vista dei più piccoli (che spesso fa rima con semplicismo). Insomma, il nostro consiglio è di non perdere assolutamente questo piccolo gioiellino di animazione. Malinconico, triste e commovente. Ma carico della speranza che sa dare soltanto l'amicizia.

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