di Matteo Marescalco
Siamo
in una cittadina nel Minnesota degli anni '90. Strade desolate,
pioggia onnipresente e scenario naturale che da solo basterebbe
ad incutere timore. Le lunghe e strette carreggiate, circondate da
(o)scuri laghetti, illuminate da lampioni che emanano una fioca luce
giallastra e ricoperte, lungo i bordi, da fanghiglia e detriti,
sembrano oggettivare la presenza del Male nel mondo, allo stesso modo
in cui il trattamento riservato alle ombre dall'espressionismo
tedesco sanciva la minaccia del suo fascino perverso.
In
questo scenario poco rassicurante, si muove il Detective Bruce Kenner
(interpretato da Ethan Hawke che si conferma a suo agio nei prodotti
horror, dopo i due successi della Blumhouse, Sinister e La notte del
giudizio), impegnato sul caso di una giovane di nome Angela, che
accusa il padre di aver abusato ripetutamente di lei. Nel frattempo,
viene a galla un dossier dell'FBI su un culto satanico in loco con presunti
uccisioni di animali e neonati. L'intervento di un famoso psicologo
porterà alla luce una serie di scioccanti verità.
Alejandro
Amenabar, dopo aver viaggiato tra diversi generi, porta in scena
Regression, che interrompe il suo silenzio di sei anni e che segna il
suo ritorno alla suspense, dopo il debutto con Tesis nel 1996. -Il
termine regressione significa, tra le altre cose, ritorno. Per me,
questo progetto significa ritornare al genere che ha segnato l'inizio
della mia carriera con Tesis, un film che esplorava il potere quasi
ipnotico che la contemplazione dell'orrore può avere su di noi. Il
mio cammino è proseguito, poi, con Apri gli occhi, allucinatorio e
febbrile, in cui sogni e realtà coesistono e The Others, tentativo
di recuperare il sapore dei vecchi film di suspense-.
Ispirato
ad una serie di eventi realmente accaduti negli Stati Uniti durante
gli anni '80, il film è una riflessione sul conflitto tra scienza e
religione e un'esplorazione delle scorciatoie della mente. Un vero e
proprio spazio labirintico in cui sogni e realtà scorrono come due
binari paralleli che finiscono per intersecarsi di continuo.
Centro
focale del lungometraggio è il conflitto tra Bene e Male. Entrambi
non sono legati alla mera superficie delle cose ma è solo scavando
in profondità che è possibile scovare le radici del modo in cui
tali concetti vengono incarnati dall'essere umano. Esiste un bene (ed
un male) assoluto e tangibile o soltanto un'idea sulla base della
quale orientare il proprio comportamento? La scienza è in grado di risolvere
i conflitti che abitano il gigantesco recipiente di follia che è il
mondo e che riguardano la natura umana ed il trascendentale o trova
un suo limite che può essere valicato unicamente dalla religione?
Quanto la religione può essere considerata una credenza connaturata
al serbatoio immaginativo di un dato popolo? Tutti elementi che
vengono trattati da Amenabar che, oltre a costruire un film
caratterizzato da un'attenzione estetica inappagabile (in cui, come
si diceva, è lo stesso scenario naturale ad oggettivare la
cattiveria dell'Uomo), si diverte a giocare con gli stereotipi del
genere.
Ed
ecco, quindi, arrivare telefonate notturne da parte di silenziosi interlocutori, gatti neri forieri di oscuri presagi, capannoni
popolati da mefistofeliche presenze e femme fatale sui generis.
Pensare ad Il mistero di Sleepy Hollow sorge spontaneo. Nel film di
Burton, la conclusione al grand guignol spezza una lancia a favore
della credenza. I miti e le leggende possono esistere oltre ad avere
un indubbio carattere fondativo. La scienza non spiega ogni cosa.
Amenabar,
purtroppo, si tira indietro, lasciando che siano i lumi della ragione
a mostrare la verità delle cose. Fa appello a Freud, al metodo della
regressione, al lavoro sulla memoria e sulle esperienze trascorse.
Peccato che la verve immaginativa sia debole (le sequenze del culto
satanico lasciano a desiderare), che venga sopraffatta da un
trattamento che tende eccessivamente ad ingabbiarla e che la scrittura smonti in pochi minuti tutto ciò che ha costruito durante il resto del film.
Ogni
uomo si trova a convivere con una bestia che lo abita e che minaccia
di renderlo un mostro. Il male esiste e vive dentro di noi, inutile
cercare cause esterne e distanti. La visione materiale prevale e
regola il mondo. La credenza precipita negli abissi e conduce alla
follia. Insomma, nulla di nuovo sul fronte occidentale.
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