Dopo
la pausa del 2014, che ha interrotto il periodo di ipertrofia
creativa che ha in Cars (2006) e Monsters University (2013) i suoi due
estremi, quest'anno, la Pixar è scesa in campo con ben due film. Il
primo è stato presentato al Festival di Cannes e ha conquistato i
cuori di pubblico e critica, che lo ha indicato come vetta dello
studio di animazione digitale. Mi riferisco, ovviamente, ad Inside out, on the road nella mente di una bambina.
Il
secondo uscirà tra pochi giorni, in sordina, offuscato dai vari
record mondiali infranti dal sopracitato. Eppure, The good dinosaur
(Il viaggio di Arlo) riesce ad incantare e a convincere con una
storia tanto lineare e semplice quanto densa di spunti interessanti.
Cosa
sarebbe successo se l'asteroide che ha cambiato la vita sulla Terra
non avesse colpito il nostro pianeta e i dinosauri non si fossero
estinti? E' questo il quesito che dà la genesi al film e al nostro
viaggio in una preistoria popolata da un pavido dinosauro di nome
Arlo, che si trova a compiere un lungo percorso e ad affrontare una
serie di prove insieme ad un giovane essere umano. Arlo imparerà a
crescere e ad affrontare le proprie paure, compiendo un passo di
avvicinamento verso l'età adulta.
Dal
lontano 1995, anno in cui Toy Story uscì nelle sale americane fino ad
oggi, i temi attorno ai quali, più o meno, il team Pixar ha
costruito le proprie narrazioni sono stati due: l'amicizia e la
diversità. O, meglio ancora, uno solo: l'amicizia nonostante la
diversità. John Lasseter e co. hanno focalizzato l'attenzione su
oggetti inanimati, giocattoli, compattatori di rifiuti, insetti,
topi, automobili da corsa. E il valore più forte che unisce tutti
questi personaggi eterogenei è l'amicizia. L'idea che esseri diversi
possano intrecciare relazioni basate su reciprocità, lealtà e
solidarietà assoluta è fortissima.
Una
costante è il viaggio lontano da casa che offre ai protagonisti la
possibilità di compiere un cammino di crescita. La struttura di base
di ogni film Pixar è quella del cinema on the road. Si parte da una
situazione in cui i personaggi sono manchevoli di qualcosa e mettersi
in moto (attivarsi nel caso di Toy Story) consente di raggiungere uno
status differente. Insomma, la costruzione del racconto è sempre
basata sugli studi sulla fiaba di Vladimir Propp che individua una
serie di funzioni che tornano costantemente nella maggior parte delle
narrazioni contemporanee.
Il
viaggio di Arlo costruisce un nuovo immaginario per gli spettatori
più piccoli a partire da quello del western americano, genere
per eccellenza del cinema degli States, con contaminazioni europee,
che hanno posto la nozione di confine in primo piano. Le immagini di
vaste lande desolate dominate dalla natura incontrastata, di torrenti
e di spazi aperti da conquistare sintetizzano la lotta tra wilderness
e civilization.
In
questo contesto, si inserisce il revisionismo storico della Pixar.
Sono gli animali, in modo particolare i dinosauri, ad essere trattati
come fossero umani, con la loro organizzazione che ha nella catena di
montaggio (un po' come Inside out) lo strumento peculiare di
progettazione del loro lavoro. Arlo è un freak. Non riesce ad essere
bravo come il fratello e la sorella e teme di non poter lasciare la
propria impronta all'interno della sua famiglia. La fuga (non voluta)
da casa, e quindi, dalla legge patriarcale, gli offre la possibilità
di sperimentare un senso di libertà mai provata prima e di lanciarsi
verso la conquista dell'Occidente. Senza sapere che, oltre ad
addentrarsi nelle terre più interne, il suo viaggio lo porterà a
riconsiderare sentimenti e paure.
Il lavoro sul fronte estetico è di una perfezione disarmante e consente al film di sfiorare vertici di bellezza visiva mai raggiunti prima d'ora.
Nel
complesso, nonostante non sia il film più riuscito dello studio, Il
viaggio di Arlo è un ottimo prodotto rivolto, principalmente, al
target dei bambini, coinvolti in questo viaggio di formazione che li
spingerà a sognare, commuoversi e stupirsi, desiderando, ancora una
volta, di andare verso l'infinito e oltre! Anche soltanto con la
fantasia.
dal trailer e dal nome (sembra un cane fiorentino) non gli avrei dato un centesimo, anche se, quando c'è di mezzo la Pixar 'na guardata la meritano comunque...
RispondiEliminaDopo i primi 10 minuti ero a rischio vomito. Poi per fortuna muore un personaggio e il film decolla
Eliminapeeeerfetto! allora me lo cerco...
EliminaBella recensione! Anch'io ho un blog di cinema➡ gattaracinefila.blogspot.it, se vuoi dai un'occhiata!
RispondiElimina