di Emanuele Paglialonga
Black Mass-L’ultimo gangster, già presentato fuori concorso all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, vede tornare dietro alla macchina da presa Scott Cooper, al suo terzo film da regista dopo Out of the furnace-Il fuoco della vendetta, presentato in anteprima all'8a edizione del Festival del Film di Roma.
È un titolo molto atteso Black Mass, inutile girarci intorno: si era e si è in attesa di una pellicola in grado di riconsegnare all’immaginario collettivo, in tutta la sua bravura, un attore come Johnny Depp, reduce da una serie di film non proprio fortunati né al botteghino né sul fronte critico (Mortdecai, Transcendence, The Lone Ranger).
Basato sul libro Black Mass: The True Story of an Unholy Alliance Between the FBI and the Irish Mob, e, quindi, su fatti realmente accaduti, il film, che racconta l’ascesa al potere criminale del famigerato Whitey Bulger, riesce in parte nell’impresa: l’interpretazione di Depp è, senza dubbio, degna di nota, ma paga il pegno di una sceneggiatura incentrata più sul racconto delle vicende tramite flashback, impegnata a snocciolare i vari episodi criminosi, che sulla figura di Depp e del suo personaggio, a cui è impedito, quindi, di spiccare o di risaltare rispetto agli altri attori.
Per chiarirsi, la sceneggiatura è solida, dalla storia si può e si deve trarre un’importante riflessione, quella sulla facilità nell’inquinamento di azioni da parte del Governo o delle forze dell’ordine contro la criminalità da parte della criminalità stessa e degli uomini a essa affiliati. Il paradosso della storia di Bulger è infatti proprio questo: senza l’FBI, con cui il gangster collaborò per eliminare la cosca rivale degli italiani mangiaspaghetti Angiulo, Bulger non sarebbe diventato quel criminale tanto spietato, secondo, nella lista dei criminali più ricercati, soltanto a Osama Bin Laden.
Una riflessione di questo tipo vale tanto per la Boston e per l’America degli anni ’70, quanto per l’Italia di quarant’anni dopo: manca poco all’arrivo nelle sale di Suburra, film di Stefano Sollima tratto dal romanzo di De Cataldo, con protagonisti Pierfrancesco Favino, Elio Germano e Claudio Amendola. Non è dunque finita qui la navigazione nelle torbide acque dei patti e delle alleanze occulte tra criminalità organizzata, forze dell’ordine ed esponenti della società civile o della classe politica.
Basato sul libro Black Mass: The True Story of an Unholy Alliance Between the FBI and the Irish Mob, e, quindi, su fatti realmente accaduti, il film, che racconta l’ascesa al potere criminale del famigerato Whitey Bulger, riesce in parte nell’impresa: l’interpretazione di Depp è, senza dubbio, degna di nota, ma paga il pegno di una sceneggiatura incentrata più sul racconto delle vicende tramite flashback, impegnata a snocciolare i vari episodi criminosi, che sulla figura di Depp e del suo personaggio, a cui è impedito, quindi, di spiccare o di risaltare rispetto agli altri attori.
Per chiarirsi, la sceneggiatura è solida, dalla storia si può e si deve trarre un’importante riflessione, quella sulla facilità nell’inquinamento di azioni da parte del Governo o delle forze dell’ordine contro la criminalità da parte della criminalità stessa e degli uomini a essa affiliati. Il paradosso della storia di Bulger è infatti proprio questo: senza l’FBI, con cui il gangster collaborò per eliminare la cosca rivale degli italiani mangiaspaghetti Angiulo, Bulger non sarebbe diventato quel criminale tanto spietato, secondo, nella lista dei criminali più ricercati, soltanto a Osama Bin Laden.
Una riflessione di questo tipo vale tanto per la Boston e per l’America degli anni ’70, quanto per l’Italia di quarant’anni dopo: manca poco all’arrivo nelle sale di Suburra, film di Stefano Sollima tratto dal romanzo di De Cataldo, con protagonisti Pierfrancesco Favino, Elio Germano e Claudio Amendola. Non è dunque finita qui la navigazione nelle torbide acque dei patti e delle alleanze occulte tra criminalità organizzata, forze dell’ordine ed esponenti della società civile o della classe politica.
Il problema principale di questo film è che, ad eccezione della riflessione di cui sopra, non ci dice niente di diverso, né in maniera diversa si pone rispetto ai tanti thriller o alle gangster stories prodotte negli ultimi anni. Depp assolve al suo compito portando a casa una buona interpretazione, probabilmente in odore di Oscar; così fanno Dakota Johnson e Benedict Cumberbatch, qui nei panni di un potente senatore, fratello di Whitey.
Black Mass si colloca sì sul solco dei biopic che Hollywood continua a sfornare alacremente da diversi anni, ma se l’Alan Turing dello stesso Cumberbatch in The Imitation Game o lo Stephen Hawking di Eddie Redmayne ne La teoria del tutto restano e resteranno ben impressi nella memoria degli spettatori, per il messaggio che le loro storie inoltre portano, il Whitey Bulger di Depp non si impone particolarmente se non per il grande lavoro di trucco, che trasforma il tre volte candidato all’Oscar nella versione stempiata e obesa di Ray Liotta in Quei Bravi Ragazzi. Della ferocia e dell'efferatezza dei crimini di Bulger, che trovano spazio in poche scene, viene più detto che mostrato, così come anche dell'immenso potere da lui conquistato.
Comunque sia, Depp si è rimesso in carreggiata, e se alla fine interpreterà Edgar Allan Poe in quel progetto di cui si è sentito parlare, per la regia di Tim Burton, lì probabilmente avrà una buona occasione per mettere a segno un’interpretazione ancor più importante di questa.
Black Mass si colloca sì sul solco dei biopic che Hollywood continua a sfornare alacremente da diversi anni, ma se l’Alan Turing dello stesso Cumberbatch in The Imitation Game o lo Stephen Hawking di Eddie Redmayne ne La teoria del tutto restano e resteranno ben impressi nella memoria degli spettatori, per il messaggio che le loro storie inoltre portano, il Whitey Bulger di Depp non si impone particolarmente se non per il grande lavoro di trucco, che trasforma il tre volte candidato all’Oscar nella versione stempiata e obesa di Ray Liotta in Quei Bravi Ragazzi. Della ferocia e dell'efferatezza dei crimini di Bulger, che trovano spazio in poche scene, viene più detto che mostrato, così come anche dell'immenso potere da lui conquistato.
Comunque sia, Depp si è rimesso in carreggiata, e se alla fine interpreterà Edgar Allan Poe in quel progetto di cui si è sentito parlare, per la regia di Tim Burton, lì probabilmente avrà una buona occasione per mettere a segno un’interpretazione ancor più importante di questa.
Sono davvero felice per Depp se sta riuscendo a ritrovare una via da percorrere, ma le storie di mafia e governo non fanno per me! Lo vedrò solo per Depp.
RispondiElimina