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giovedì 15 ottobre 2015

CRIMSON PEAK

di Matteo Novelli

Voglio bene a Guillermo del Toro. Un Autore con la lettera maiuscola, di quelli che mentre stanno girando il film che hanno sempre sognato di fare ne hanno già in mente altri dieci. Si butta nei progetti, li studia, li contestualizza, li ama e spesso -purtroppo- li abbandona.
Crimson Peak segna un piccolo passo indietro nella carriera del regista messicano. È un ritorno al fanta-horror che ha molti precedenti nella sua filmografia, vedasi La spina del diavolo e Il labirinto del fauno ma anche i suoi lavori d'esordio. La precisa visione di un universo fatto di creature grottesche, di un orrore che cela inquietudine e di mostri nascosti negli angoli meno illuminati.

La storia di Edith, aspirante scrittrice con un particolare dono, e l'attrazione fatale verso il misterioso e affascinante Thomas Sharpe ricalcano la ricerca d'evasione della normalità verso l'ignoto. Il personaggio di Mia Wasikowska si tuffa a capofitto in una magione fatiscente, sperduta in una gelata brughiera, perché nell'ombra si trova a suo agio. Così come noi spettatori sappiamo fin dall'inizio che le intenzioni degli Sharpe non sono delle migliori, anche la protagonista inconsciamente sceglie di abbracciare un salto nell'oscurità in grado di liberarla da una normalità che la osserva come un freak.

I fantasmi in cgi di Crimson Peak non fanno mai paura, non è il loro scopo: sono una guida, un aiutante, dei guardiani estranei alla vita ma legati alle orme percorse prima di dipartire. È dai vivi che bisogna guardarsi, dall'egoismo e dalla meschinità: se pensavate di trovare un horror, questo film vi deluderà profondamente. Si toccano tanti toni, si mescolano varie tinte, ma il colore è sempre quello nero del thriller. Il paranormale è solo un contorno, quello che sembra presentarsi come un racconto di Edgar Allan Poe è in realtà una sovraccoperta che nasconde Arthur Conan Doyle.
Messi da parte i morti, il racconto si concentra tutto su un trio di attori di prim'ordine e sulle loro
relazioni. Se Mia Wasikowska e Tom Hiddleston sembrano limitarsi al timbro del cartellino, in costume, è Jessica Chastain a prendersi letteralmente la scena. La sua Lucille è una dark lady rigida, fredda come il paesaggio circostante ma grondante di sangue nelle sua fondamenta. Molto dello humor nero che caratterizza il tono del film è affidato al suo personaggio, una volta che gli elementi di suspense si indirizzano verso binari molto scontati.

Non c'è nulla di sorprendente in Crimson Peak, tutto è largamente prevedibile: la vicenda muove pedine con ruoli ben precisi che non riescono mai a uscire dalle caselle di appartenenza. A dare man forte a una scrittura piatta e a un ritmo dallo sbadiglio facile (la prima parte tarda a carburare qualcosa di interessante) c'è una messa in scena opulenta ma elegante. Costumi e scenografie così belli non si vedevano da un po' sul grande schermo, una cura per i dettagli minuziosa e particolareggiata votata completamente al racconto. Peccato che questo manchi di un'altrettanta costruzione. La tenuta degli Sharpe, maestosa e antica ma sorretta da fondamenta marce e fatiscenti, è una perfetta metafora di quello che questo film sarebbe potuto essere e invece non è. Un gran peccato, che ha il sapore amaro di un'occasione sprecata, di qualcosa all'apparenza imponente ma, in realtà, abbastanza minuto.

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