di Matteo Marescalco
*recensione pubblicata su Point Blank: https://www.pointblank.it/recensione-film/christophe-honore/speciale-mubi-les-chansons-damour
[Questo articolo fa parte di uno Speciale dedicato alla piattaforma di streaming on demand MUBI, un focus monografico composta da una galleria di recensioni contaminate da riflessioni teoriche, emotive, autobiografiche, per riflettere trasversalmente sul tema della cinefilia on demand e sul più generale rapporto che intessiamo oggi con le immagini. Il progetto è stato presentato e inquadrato nell'editoriale "Di MUBI e del nome del cinema", che potete trovare qui].
Sulle rive della Senna,
giovani ragazzi a mezzogiorno
Michel con Madeleine, Pierre
con Jeanne e Germaine
che cammina con Jean.
Se il cielo è pieno di uccelli,
cosa ti importa
del fuoco che brucia all’inferno?
Nel suo Saggio sul luogo tranquillo Peter Handke sostiene che, senza alcuna intenzione né tanto meno progetto, i luoghi tranquilli si possano creare attingendo da sé stessi, a seconda delle circostanze, in mezzo a un tumulto (anzi, proprio nel pieno del tumulto) o tra le chiacchiere a volte incomparabilmente più avvilenti per lo spirito. Luoghi simili si ergono all’improvviso, dal nulla, e offrono una protezione mentre si è intenti in altre attività esperienziali. Alle volte, accade qualcosa del genere non necessariamente durante un’esperienza ma grazie al puro ricordo di essa.
Capita così che, durante un viaggio di ritorno verso casa, gli spazi poco accoglienti di un treno si trasformino nel prototipo del luogo tranquillo, animato dal fuoco ormai spento di chi cerca nel futuro indefinito il desiderio di riabbracciare il passato o dall’indistinta energia vitale di chi, indefesso, confida sempre nei giorni a venire. Quelle persone a cui, normalmente, si guarderebbe con diffidenza e con la speranza che non intacchino la nostra sfera privata restituiscono una sensazione di approdo, di accoglienza e di familiarità. Possibile dopo quanto accaduto? Necessario e sorprendente. E, così, in quell’ora mattutina, il treno diventa un luogo unico, quasi impareggiabile, scenario privilegiato e condiviso dal quale ammirare i flussi segreti delle onde. Quel luogo ha curato la mia vulnerabilità, mi ha entusiasmato, ha illuminato la penombra crepuscolare del mio intimo. Possibile che quel luogo tranquillo fosse tale in virtù di una (di certo, paradossale) fuga dalla società, di una riluttanza e di una parziale sofferenza verso ogni compagnia? O, piuttosto, è sensato credere che i rumori provenienti dal mondo di fuori – la vibrazione del treno in corsa, il chiacchiericcio dei compagni di viaggio, i ripetuti annunci agli altoparlanti – non siano altro che tracce in grado di risvegliare da lunghe fantasticherie? In tal senso, il luogo tranquillo sarebbe in grado di spingere dentro di sé a causa del suo statuto ontologico e, al tempo stesso, di cullare verso l’esterno, grazie al rumore, al frastuono e al chiasso del fuori campo, che continuamente insiste sui suoi confini. Anche il cinema, indipendentemente dal suo supporto di fruizione, è un luogo tranquillo.
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