In seguito ai traumi fisici e psichici causati dalla Prima Guerra Mondiale, lo scrittore teatrale A. A. Milne decide di trasferirsi in campagna e di acquistare una casa nel Sussex, dove va a vivere con la moglie ed il piccolo figlio. Tuttavia, quella di cercare la tranquillità nella campagna inglese è una scelta che va stretta alla moglie che torna in città e lascia soli marito e figlio. In questa rinnovata atmosfera di condivisione tra padre e figlio, Milne inventa le storie di Winnie the Pooh e dei suoi amici e le dà alle stampe grazie all'aiuto di un amico illustratore. L'improvviso successo che lo investe supera anche la più rosea aspettativa. Purtroppo, però, insieme al successo, arriverà anche la cattiva reazione del piccolo Christopher Robin, che non accetta bene il fatto che quel gioco privato con il padre si sia trasformato in un fenomeno mondiale.
Chi ha amato (e continua ad amare) il dolce orsacchiotto portato sullo schermo da Walt Disney difficilmente crederebbe ad una tale fiaba dell'orrore qual è Vi presento Christopher Robin. Dietro il sorriso di Christopher Robin si annida l'amarezza del padre scrittore, sopravvissuto ad una guerra che lo ha segnato fisicamente e, soprattutto, mentalmente, incapace di dare amore al figlio e di rapportarsi normalmente con lui. Tutt'altra realtà, a sua volta, si cela dietro il successo planetario di Winnie the Pooh ed è quella dell'infanzia di un bambino divorata dalla paura di non esistere e di essere ricondotto a vita al personaggio che appare nelle storie del padre.
La costruzione di questa fiaba oscura è assai didascalica e priva di punti di svolta degni di nota. La narrazione procede spedita ma sottotono senza essere mai in grado di evolversi e di catturare l'attenzione dello spettatore che, per tutta la durata del film, sembra assistere semplicemente ad una seduta dallo psicoterapeuta. La struttura del racconto è divisa in due parti: una dedicata al ritorno di Milne dalla guerra e alle difficoltà dello scrittore nel recuperare la sua vita sociale e familiare ed una incentrata sulla collisione tra il mondo immaginario creato da padre e figlio ed il gelo materno e paterno che avvolgono il piccolo Christopher Robin nei rapporti quotidiani.
Dietro le quinte sul successo di Winnie the Pooh, Vi presento Christopher Robin pone l'attenzione
Chi ha amato (e continua ad amare) il dolce orsacchiotto portato sullo schermo da Walt Disney difficilmente crederebbe ad una tale fiaba dell'orrore qual è Vi presento Christopher Robin. Dietro il sorriso di Christopher Robin si annida l'amarezza del padre scrittore, sopravvissuto ad una guerra che lo ha segnato fisicamente e, soprattutto, mentalmente, incapace di dare amore al figlio e di rapportarsi normalmente con lui. Tutt'altra realtà, a sua volta, si cela dietro il successo planetario di Winnie the Pooh ed è quella dell'infanzia di un bambino divorata dalla paura di non esistere e di essere ricondotto a vita al personaggio che appare nelle storie del padre.
La costruzione di questa fiaba oscura è assai didascalica e priva di punti di svolta degni di nota. La narrazione procede spedita ma sottotono senza essere mai in grado di evolversi e di catturare l'attenzione dello spettatore che, per tutta la durata del film, sembra assistere semplicemente ad una seduta dallo psicoterapeuta. La struttura del racconto è divisa in due parti: una dedicata al ritorno di Milne dalla guerra e alle difficoltà dello scrittore nel recuperare la sua vita sociale e familiare ed una incentrata sulla collisione tra il mondo immaginario creato da padre e figlio ed il gelo materno e paterno che avvolgono il piccolo Christopher Robin nei rapporti quotidiani.
Dietro le quinte sul successo di Winnie the Pooh, Vi presento Christopher Robin pone l'attenzione
sulle difficoltà incontrate da Milne jr. nel corso della sua vita, alle prese con uno dei primi fenomeni massmediatici della storia, facendo pressione sul versante drammatico della vicenda. Il problema di cui risente il film risiede in una certa programmaticità di fondo. Ogni cosa è mostrata e spiegata nel corso di un racconto che fatica a muoversi tra i vari generi che abbraccia e che finisce per essere una grossa occasione persa.
Nessun commento:
Posta un commento