Che
ogni film di Zack Snyder sia un attacco multisensoriale allo
spettatore è un dato di fatto. Peccato che uno dei più grandi
autori di sequenze adrenaliniche del cinema contemporaneo,
prestigiatore nell'universo della messa in scena barocca ed
espressionista, creatore di mondi che destrutturano i motivi e la
rappresentazioni tradizionali, sia stato ripetutamente colpito ed
abbattuto dalla critica più snob. A partire dal remake in chiave
ultracinetica del classico di George Romero, che segnò il suo
debutto nel mondo del cinema, fino all'ultimo Man of Steel, reboot da
solista per l'eroe di Metropolis. Bistrattato ed ingiuriato, Zack
Snyder ha il merito di saper creare roboanti coreografie di massa,
tableaux vivants e composizioni visive in cui realismo e formalismo
più estremo, nonostante la netta contrapposizione, riescono a
convivere.
Gettare
le basi dell'universo DC in soli tre anni, a fronte del lavoro quasi
decennale di cui si è già resa protagonista la Marvel, non è
semplice. Ma è necessario. Il botteghino, nell'ultimo periodo, sta
ripetutamente premiando i film con supereroi come protagonisti e la
sola notizia di altri (numerosi) lungometraggi di questo genere fa
andare in brodo di giuggiole i milioni di fan mondiali. Mentre il
Marvel Cinematic Universe nasce nel 2008 con Iron Man e porta a
termine la fase di presentazione dei suoi protagonisti (l'Avengers
Assembled) nel 2012 con il film corale The Avengers, il DC Extended
Universe nasce solo nel 2013 con il già citato Man of Steel per
proseguire con Batman vs Superman e Suicide Squad, entrambi previsti
per l'anno in corso. L'organizzazione della tempistica non è
delle migliori. Il film corale precede i vari episodi sui singoli
protagonisti (che avevano il compito di “gettarli nella mischia”
e favorire il loro rodaggio al cinema), generando, al contempo, una
serie di buchi neri difficili da superare per i comuni mortali non
appassionati di fumetti. Questo episodio corale di Zack Snyder non
solo rifonda il mito di Batman (che porta sulle proprie spalle il
massiccio fardello della trilogia di Christopher Nolan) ma spiana la
strada all'universo condiviso della DC. Con dei pregi e degli
evidenti limiti che ne minano, già in partenza, la struttura.
Dopo
l'immancabile genesi dell'eroe di Gotham (le prime sequenze sincopate
sembrano uscite direttamente da Watchmen), è lo scontro tra Superman
e il generale Zod a dare il via all'azione. Dawn of Justice si
riallaccia al finale di Man of Steel. Ma cambiando punto di vista.
Non prendiamo parte all'epico scontro tra i due kryptoniani, non
voliamo insieme a loro, non siamo assoluti protagonisti della loro
lotta nell'alto dei cieli. Questa volta, siamo le piccole formiche
che assistono inermi dal basso delle strade. L'inferno in terra ci
appartiene e caratterizza la nostra dimensione di deboli mortali. Un
Bruce Wayne mai così crepuscolare, dal volto stanco e grigio e i
capelli brizzolati, si muove tra le strade di Metropolis sulla
propria macchina. La macchina da presa volteggia ed accarezza più
volte i suoi movimenti, il ritmo è elevato tanto quanto è impotente
la condizione di chi assiste dal punto di vista wellesiano. Così
entra in scena Batfleck, un potente vigilante che cova rancore nei
confronti degli dei che, a distanza di un centinaio di metri lungo
l'asse verticale, se le danno di santa ragione. E Snyder ci getta
nell'11 Settembre vissuto dai suoi non protagonisti. L'immersione nel
territorio sociopolitico inizia nel migliore dei modi, prolungando la
riflessione sulla contemporaneità elaborata da Nolan in The Dark
Knight Rises. Compare anche il deserto, luogo liminale per
eccellenza, contenitore di identità in crisi ed in via di
definizione, dove, di fronte alla delegittimazione del potere di
Cristo e dell'Uomo, regna solo il movimento senza fine. In puro stile
Mad Max: Fury Road.
Una
domanda attanaglia gli spettatori dello scontro tra i kryptoniani e
quelli del film (termini intercambiabili, in fin dei conti?). Quanto
è legittimo il potere di Superman? E quanto contano gli apparati
statali di fronte a cotanta magniloquenza e forza? Batman vs Superman
costruisce una mitologia in via di estinzione (se Dio è morto lo
sono anche i supereroi?) in un'epoca di crisi e di fine dei racconti,
prosegue nella destrutturazione della figura del superuomo perseguita
da Snyder in Watchmen e non teme gli slanci pindarici nelle sequenze
oniriche che popolano la mente di Bruce Wayne. E' in questi brevi
momenti immaginifici che il cinema di Zack Snyder si libra in vola,
libero del peso delle sue responsabilità. Le stesse che affliggono
il personaggio di Ben Affleck, la cui muscolatura è indubbiamente
meno “fresca” di quella di Henry Cavill ma molto più carica di
dilemmi morali e filosofici. In preda ad incubi con protagoniste
figure che sembrano uscite direttamente da ipotetici quadri di Johann
Heinrich Fussli all'interno di un racconto di Lovecraft portato in
scena da William Turner, il nuovo Batman è il personaggio più
riuscito. L'uomo che è precipitato nel baratro nietzschiano e che si
nutre del suo buio. Un salvatore che terrorizza le persone che
soccorre.
Infine,
ad animare la vicenda è l'unico cattivo possibile nell'epoca della
rivoluzione sociale, il fondatore di Facebook, il ragazzo che ha
fatto della propria solitudine una delle più potenti imprese
industriali al mondo. Lex Luthor è un genio imprigionato in un corpo
troppo piccolo, un iconoclasta tempestato da tic nervosi, un mix tra
Mark Zuckerberg e il Joker di Heath Ledger, un incubo vestito da
nerd. Invidia la perfezione di Superman, sintesi di conoscenza e
potere. E tenta di sfruttare Batman, presentandogli il kryptoniano
come una scheggia impazzita. E lo scontro tra divinità ed uomo ha
inizio. Con una certezza. Nonostante i buchi di sceneggiatura,
nonostante un cammino troppo frettoloso, nonostante le due ore e
mezza (che sembrano persino insufficienti per il materiale che
presentano), nonostante ancora i cali di livello e i pretesti
risolutivi davvero ridicoli, nonostante la netta inversione di
tendenza del terzo atto, che distrugge quanto costruito fino a quel
momento e lascia il posto allo spettacolo più becero («Il
botteghino, Zack! Il botteghino!»), ad essere usciti vincitori sono
Zack Snyder e Ben Affleck. Semplici uomini (ardenti di passione)
dietro una macchina produttiva da miliardi di dollari.