di Matteo Marescalco
«Thrown like a star in my vast sleep
I opened my eyes to take a peek».
Bruce Wayne si risveglia da un lungo
sonno con la mente annebbiata e il cuore straziato. Cosa sta accadendo a
Gotham? Negli ultimi due anni, la criminalità è aumentata, gli illeciti sono
all’ordine del giorno e il male proprio non ne vuol sapere di giungere al
termine nella notte. Nel corso dello stesso periodo, Batman si è affermato come
il più grande detective di sempre: il cavaliere oscuro legge segni e indizi, li
analizza nel buio della sua residenza e incarna la vendetta tra i suoi
cittadini. Ma Gotham sa come alzare l’asticella della sfida e spingersi sempre
più in là. Senza mai dimenticare Carmine Falcone e il suo tirapiedi, il
Pinguino, c’è un nuovo villain tra i bassifondi più asfissianti e luridi di
sempre: l’Enigmista vuole rendere giustizia all’abuso di potere e alla
corruzione che dilagano in città. Per farlo si arma di binocolo, nastro
isolante e marchingegni degni di Jigsaw. La sua convinzione è che persino i
benefattori del luogo e le persone apparentemente più rispettabili affoghino
nelle fogne e siano al soldo di Falcone. Cosa fare se non rapirli, minacciarli,
ucciderli e rendere virali le sue gesta?
«Histories of ages past
Unenlightened shadows cast
Down through all eternity
The crying of humanity».
Gotham non riesce a smettere di
versare tutte le sue lacrime. Come un vendicatore cupo, funereo e grave, Bruce
Wayne sale in sella alla sua moto prestando fede alla sensazione di paura che
risveglia nei suoi concittadini: Batman è un animale notturno, una scheggia
impazzita dall’identità frammentata e frastagliata, un ragazzo alla ricerca
della verità e di qualcosa per cui valga la pena vivere. È possibile agguantare
la redenzione? Il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso – come
nel 1995, è ancora possibile essere d’accordo con la seconda parte di questa
affermazione?
Rispetto alle esagerazioni pop ed
espressioniste di Tim Burton, alla muscolarità gangster di Christopher Nolan e
alla caduta degli dei di Zack Snyder, The Batman di Matt Reeves è un noir in
grado di sfociare verso lidi melodrammatici. Sulla città del cavaliere oscuro
non batte mai il sole e uscire dalle tenebre è pressoché impossibile –
d’altronde, come sostiene lui stesso, Batman non si muove nell’ombra; lui è
l’ombra. Forte di un passato in cui ha realizzato il testo cardine del cinema
post-11/9 e di una trilogia blockbuster attraverso cui ripensare il futuro dei
personaggi archetipici della storia del cinema, Reeves si prende tutto il suo
tempo, costruisce un protagonista generazionale e una città dolente più vicina
a quelle mostrate in Se7en e Zodiac che alle versioni rimediate da qualsiasi
altro cinecomics contemporaneo.
Tra campi lunghi cittadini che ne portano in scena il carattere lurido, putrescente e labirintico, e primi piani (sentimentali) strettissimi in cui il melò deflagra, Matt Reeves concede al suo Batman una lentissima progressione e una crescita che, finalmente, lo conduce al termine della notte. L'alba è ancora lontana ma la vendetta ha lasciato ormai posto alla speranza. E anche Warner Bros. e DC, questa volta, sembrerebbero aver trovato la loro collocazione nel mondo.