di Matteo Marescalco
Durante quelle due serate migliaia di ragazzi e ragazze si apprestavano a vivere la fine della giovinezza, sottratta loro dalla pioggia battente sulle note di I Am The Walrus.
25 anni fa, i due concerti degli Oasis a Knebworth rappresentavano la conclusione del coming of age degli anni Novanta e ponevano fine al periodo supersonico del gruppo in grado di colonizzare l’immaginario di tutti perché innocente, infantile, forse immaturo, sgangherato, folle, totalmente inaspettato e fuori controllo.
Oasis Knebworth 1996 consente di compiere un viaggio nel tempo di quelli che soltanto il cinema è in grado di farci vivere. Durante la visione del documentario si canta, ci si emoziona per gli occhi lucidi, fiduciosi ed euforici di 250mila ragazzi in attesa di vivere la loro vita e spaccare il mondo – ma anche, semplicemente, di trasformarsi in rock ‘n’ roll star, quanto meno per una notte, e di vedere cose che tutti gli altri non sarebbero riusciti mai nemmeno a percepire –, si piange all’idea di chi è andato a quel concerto sapendo di dover morire poco tempo dopo e per la mera esistenza di un evento comunitario così lontano dall’atmosfera del periodo storico che stiamo attraversando. È ancora possibile sognare un’enclave del genere? Siamo in grado di credere gli uni negli altri e scoprire ciò che dorme nelle profondità del nostro animo?
Andiamo al cinema a innamorarci di Oasis Knebworth 1996, in uscita il 27, 28 e 29 settembre grazie a Nexo Digital, a prolungare la naturale scadenza dei nostri sogni e a volare in alto come dei piccoli Icaro senza alcuna paura di bruciarci al sole.
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