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mercoledì 29 luglio 2015

VENEZIA 72: FACCIAMO IL PUNTO

di Matteo Marescalco
 
Ancora una volta, siamo arrivati a Luglio.
Ancora una volta, attendiamo con trepidazione la prossima Mostra del Cinema di Venezia, la quarta del Barbera-bis.
Stamattina, a Roma, è stato rivelato il programma completo delle varie sezioni. Tra gli addetti ai lavori, i mormorii legati a desideri, speranze e paure erano davvero tanti.

La prima doccia fredda è avvenuta in corrispondenza dell'annuncio di Everest di Baltasar Kormakur come film di apertura. Il giorno prima Locarno aveva annunciato la presentazione in anteprima mondiale di Ricki and the Flash, l'ultimo film di Jonathan Demme, la presenza di Michael Cimino e una retrospettiva dedicata a Sam Peckinpah. Insomma, tanto buon cibo per un affamato cinefilo.

L'idea di un'apertura affidata a Crimson Peak stuzzicava la fantasia di molti. Si sarebbe trattato del terzo film consecutivo diretto da un regista messicano ad aprire Venezia dopo Gravity e Birdman. La presidenza della giuria, poi, affidata ad Alfonso Cuaron aveva ulteriormente indirizzato le nostre speranze di vedere Del Toro in laguna. Ma, la Legendary Pictures ha comunicato la propria scelta di escludere il film dal circuito festivaliero. Ouch!

Una nota positiva è legata al fatto che, nell'anno in cui i più apprezzati film dell'ultimo Festival di Cannes sono stati Mad Max: Fury Road ed Inside out, rispettivamente un film d'azione e d'animazione, aprire con Everest potrebbe essere stata la scelta giusta. Spesso, i film di genere si rivelano terreno di sperimentazione molto più che i film d'autore. 

La situazione attuale non è assolutamente il massimo né per il cinema, in generale, né per i Festival, in modo particolare. In un periodo di transizione in cui vengono ridefiniti gli equilibri delle nuove strategie distributive e le dinamiche di fruizione dei film, i Festival dovrebbero riuscire a porsi come garanti protettori dei prodotti che distribuiscono.

Da un paio di anni a questa parte, la lotta per aggiudicarsi i titoli più succulenti si è fatta molto più aspra. La concorrenza è forte, Locarno, Toronto, New York, Londra e Telluride non sono avversari da due soldi. Tutt'altro. E la situazione di cui sembriamo aver preso finalmente consapevolezza riguarda la fine dell'eurocentrismo cinematografico per gli Stati Uniti. Il grande cinema americano difficilmente sbarca in laguna (aver perso The walk di Robert Zemeckis, The martian di Ridley Scott e Bridge of Spies di Steven Spielberg è stata una grave sconfitta) che si è trasformata in meta prediletta per il lancio di nuovi giovani talenti (Cary Fukunaga, Laurie Anderson, Drake Doremus, Tom Hooper, Piero Messina, Xavier Dolan e Steve McQueen nelle precedenti edizioni) o per l'arrivo di vecchie glorie ormai troppo in là con gli anni (Terry Gilliam e Abel Ferrara su tutti). Dagli USA è diventata palese l'attenzione al mercato asiatico piuttosto che a quello europeo. L'assenza di Jeff Nichols e di John Hillcoat pesa nei confronti di un Festival il cui obiettivo principale è uno svecchiamento che riesca, tuttavia, a tracciare una linea di continuità con il passato.

Dal programma di quest'ultima edizione emerge con chiarezza l'esiguità di prodotti asiatici che, pure, negli anni scorsi, avevano saturato ogni sezione della Mostra. Che l'Asia sia stata abbandonata a favore di una riscoperta della vecchia Europa? Di quella di Skolimowski e di Sokurov? La presenza di tali autori non può far altro che farci piacere, a patto, tuttavia, che la cinematografia asiatica venga investita della giusta attenzione. Ci si chiede, infatti, che fine abbiano fatto gli ultimi lavori di Johnnie To e di Sion Sono.

Per il resto, non mancano i grandi divi (o presunti tali), film per tutti i palati e una serie di documentari che potrebbero catturare la nostra attenzione. Ma tutto questo non basta.
In un Paese in cui, difatti, non esiste un'industria cinematografica compatta, con evidenti problemi nella distribuzione estera dei prodotti nazionali e che non riesce a trasformare attivamente il cinema in cultura, dalla Mostra del Cinema di Venezia ci si aspetterebbe ben altro. In passato, tutti i migliori autori al mondo lasciavano che i propri film approdassero al Lido. Adesso, la situazione è diversa. La Mostra è stata vittima, negli ultimi anni, di politiche che hanno rischiato sempre più di imbalsamarla e di mummificarla. Non riesce a porsi come scudo protettivo di un Paese che, a sua volta, non è in grado di coprirle le spalle, abbandonandola ad una varietà di produzioni che rischiano di gettarla nell'anarchia.
Poca attenzione all'innovazione, pigrizia e, a tratti, sfortuna sono i termini più adatti per descrivere l'andamento della Mostra di Venezia degli ultimi anni che sta, lentamente, precipitando, come il Paese che la ospita, in un vortice di degrado in cui non sembra esserci spazio per la cultura.

Quest'anno il programma è nettamente più ricco e vario rispetto alle passate edizioni. Non resta altro che visionare i film nelle varie sezioni. Peccato, tuttavia, non riuscire a scrollarsi di dosso uno strano pessimismo di fondo.

VENEZIA 72: IL PROGRAMMA UFFICIALE

di Mara Siviero

Poker di italiani in concorso e molti divi: ecco l’elenco dei film che faranno parte della 72esima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.

È stato presentato questa mattina, durante la conferenza stampa tenuta a Roma dal direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera, e dal presidente della Biennale, Paolo Baratta, l’elenco dei film in Concorso, Fuori Concorso e della sezione Orizzonti della prossima edizione del festival lagunare.
I nomi sono tanti, molti dei quali inaspettati. La Biennale, questa volta, ha combattuto con grinta contro gli altri festival autunnali quali Toronto, in primis, e poi Telluride, New York e Londra.

L’edizione che ci attende vede la presenza delle più disparate pellicole senza seguire un filo conduttore che lega quelle in concorso come è specialmente avvenuto negli ultimi due anni (nell’edizione 2013 prevaleva la presenza femminile, esaltando le donne che, nonostante mille ostacoli, non perdono la tenacia, mentre lo scorso anno il tema preponderante era stato quello del metateatro). Inoltre quest’edizione non presenta i nomi ridondanti che si davano quasi per certi anche per quest’anno: su tutti, James Franco e  David Gordon Green, due personaggi che, ormai, erano diventati di casa.

Abbiamo detto che sono quattro i film italiani che fanno parte della sezione In Concorso: Marco
Bellocchio (che ritorna a Venezia tre anni dopo aver presentato Bella addormentata) con Sangue del mio sangue (che abbiamo incluso nella lista dei 10+1 film più attesi dell'anno), con Alba Rohrwacher e Filippo Timi, Luca Guadagnino con A Bigger Splash, con Ralph Fiennes e Tilda Swinton, l’esordiente Piero Messina che, con L’Attesa, dirige Juliette Binoche e, infine, Giuseppe Gaudino con Per Amor Vostro, con Valeria Golino.

La stessa sezione propone titoli che vanno da The Danish Girl di Tom Hooper con il Premio Oscar 2015 Eddie Redmayne ed Equals di Drake Doremus con Kristen Stewart e Nicholas Hoult, dalla sopresa Beasts of No Nation (strappato al Festival Internazionale del Film di Toronto) di Cary Fukunaga, regista della prima stagione di True Detective, a Remember di Atom Egoyan con Christopher Plummer.
E, ancora, tanta attesa per il film in stop-motion Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson, per Jerzy Skolimwski con 11 Minut e per Aleksandr Sokurov con Francofonia.
Niente Guillermo Del Toro, che a Venezia ci voleva essere a tutti i costi ma che è stato frenato dai produttori del suo Crimson Peak che pare vogliano escludere il film dal circuito festivaliero.
 
Anche la sezione Orizzonti è molto ricca e vede la presenza di titoli quali Pecore in Erba di Alberto Caviglia, Italian Gangster di Renato De Maria, The Childhood of a Leader di Brady Corbet con Liam Cunnigham e Robert Pattinson, Man Down di Dito Montiel con Shia LaBeouf, Kate Mara e Gary Oldman e Un monstruo de mil cabezas di Rodrigo Pla (di cui abbiamo parlato nell'approfondimento dedicato al cinema di Alfonso Cuaron, Presidente di Giuria).

Ultima per ordine ma, di certo non per importanza, è la sezione Fuori Concorso, ricca quanto le altre.
Oltre ad Everest, film di apertura della Mostra, di Baltasar Kormakur, con Jake Gyllenhall, John Hawkes, Keira Knightley e Josh Brolin, vi sono anche Go with Me di Daniel Alfredson con Anthony Hopkins, il documentario De Palma di Noah Baumbach (in Italia, è da poco uscito il suo ultimo film, Giovani si diventa) e Jake Paltrow, l’ultima pellicola del compianto Claudio Caligari, Non Essere Cattivo, e Black Mass di Scott Cooper, con Johnny Depp e Dakota Johnson.
 
Vi sono anche Spotlight di Thomas McCarthy con Michael Keaton, Mark Ruffalo e Rachel McAdams, Gli Uomini di questa città io non li conosco di Franco Maresco, Na Ri Xiawu di Tsai Ming-Liang, L’Esercito più piccolo del mondo di Gianfranco Pannone, La vie et Rien d’Autre del prossimo Leone d’Oro alla carriera Bertrand Tavernier, il documentario di 190 minuti di Frederick Wiseman (premiato con il Leone D’Oro alla carriera lo scorso anno), In Jackson Heights e, attenzione attenzione, il corto di Martin Scorsese, The Audition, con Leonardo Di Caprio, Brad Pitt e Robert De Niro.

giovedì 23 luglio 2015

INDIEGENO FEST: LA MUSICA INDIE APPRODA A TINDARI!

di Matteo Marescalco
 
Stanchi di trascorrere le vacanze estive a casa, vittime della terribile afa cittadina?
Non ne potete più delle sagre popolari che animano, fino a tarda notte, i paesi costieri e dell'entroterra?
O, ancora, ne avete fin sopra i capelli di anziani sculettanti impegnati in balli latinoamericani?
 
Bene, siciliani e non, aprite le orecchie e sgranate gli occhi e prestate ascolto al nostro consiglio!
Il 13 Agosto, dalle ore 19, il Teatro Greco di Tindari sarà la location della seconda edizione dell'Indiegeno Fest, che riunisce cinque artisti italiani per una serata ad alto tasso artistico e di divertimento che già si annuncia come la notte più lunga di questa estate, in uno degli scenari più suggestivi al mondo.

L'Indiegeno Fest nasce da un'idea dell'etichetta Leave Music, da sempre attenta a promuovere musica indipendente, il cui proposito è: «...che Tindari continui ad essere il tempio dell'arte, in cui diversi generi si mescolano per dar vita a qualcosa di nuovo, offrendo al pubblico uno spettacolo indimenticabile, e avvicinando sempre di più i giovani alle tradizioni attraverso le nuove tendenze musicali».

La line up della manifestazione dello scorso anno prevedeva le esibizioni di Brunori Sas, Marta sui tubi, Nicolò Carnesi, Gnut, Tommaso Di Giulio, Management del dolore post operatorio, Bottega Glitzer, Cassandra Raffaele e Dimartino.

Anche quest'anno il Festival conferma la propria volontà di effettuare un crogiolo di elementi sonori differenti, accomunati, tuttavia, da uno spirito etnico e multiculturale che riflette in pieno il carattere della terra sicula, aperta, da sempre, alle più svariate contaminazioni identitarie.

Gli artisti che saliranno sul palco saranno Niccolò Fabi, headliner della serata, e Gnuquartet, Colapesce (a cui abbiamo dedicato un approfondimento, in occasione dell'uscita del romanzo grafico La distanza), Levante, Dimartino e Tommaso Di Giulio.

Tutto questo non vi basta?
Ok, allora ricorriamo al mito e alla magia onirica legata alla località di mare che ospiterà l'evento.

Fin dalla sua fondazione, la storia di Tindari è stata un susseguirsi di miti, racconti e leggende popolari che hanno fortemente segnato l'immaginario collettivo. Base navale dei cartaginesi e, poi, dei romani, conquistata dai bizantini e dagli arabi, Tindari è nota soprattutto per il Santuario della Madonna Nera e per il mito di Donna Villa.
 
La tradizione fa risalire l'icona della terribile ma salvifica Madonna nera (nigra perchè proveniente
dalle fiamme degli inferi) direttamente all'epoca degli iconoclasti, tra l'VIII e il IX secolo. Si narra che la Madonna abbia salvato una bambina che stava precipitando giù verso il mare, allungando un lembo di terra sulle acque, in modo da formare un arenile salvifico.

La figura mitica ed ancestrale di Donna Villa è, invece, strettamente legata alle vicende che, secondo la leggenda, hanno avuto luogo nell'omonima grotta. I buchi al suo interno sarebbero il segno rabbioso delle dita di una maga divoratrice di marinai e vergini pronte al matrimonio.

Tindari, terra di confine legata a leggende ancestrali e a storie mitiche, animata da una serie di melodie eterogenee che contribuiranno a depositarsi come tesoro prezioso nel cuore di chi prenderà parte all'Indiegeno Fest, percependo il segreto eterno ed inconfessabile, per citare Colapesce, di un «posto in cui non cresce» mai veramente «l'addio».

 
Grazie alla partnership stipulata con Deezer, servizio di musica in streaming con un catalogo da 30 milioni di brani musicali disponibile in oltre 180 Paesi, Indiegeno Fest ha anche una playlist dedicata. Per ascoltare gli artisti ospiti di quest'edizione: http://www.deezer.com/playlist/906333305

Per tutte le informazioni, consultate il sito ufficiale dell'evento: http://www.indiegenofest.it
Infoline: 0645493710 http://www.indiegenofest.it // www.facebook.com/indiegenofest
Ticket: http://www.tickettando.it // http://www.ticketone.it // http://www.ctbox.it
Mail: info@indiegenofest.it // info@leavemusic.it
Apertura cancelli 18:30 // Inizio concerto 19:00

scritto per Il Giornale di LettereFilosofia.it

mercoledì 22 luglio 2015

GLI ARCADE FIRE SBARCANO AL CINEMA

di Matteo Marescalco
 
«Un'esperienza cinematografica unica, un paesaggio sonoro e visivo caleidoscopico, un incrocio tra documentario, arte, musica e storia personale per narrare la creazione dell'ultimo album della band. Con la presentazione in anteprima assoluta per il cinema di un nuovo brano inedito».

Solo mercoledì 14 e giovedì 15 ottobre il gruppo canadese degli Arcade Fire sbarcherà nei cinema italiani con Arcade Fire: The Reflektor Tapes, che racconta l'affascinante spaccato della realizzazione di Reflektor, ultimo album di Butler e co., che ha conquistato in breve tempo pubblico e critica raggiungendo i vertici delle classifiche dei dischi più venduti.
Il film traccia, passo dopo passo, il percorso creativo della realizzazione del disco, dalle prime fasi della scrittura in Giamaica alle sessioni di registrazione a Montreal, dal concerto improvvisato in un hotel haitiano la prima notte di Carnevale, fino allo show mozzafiato nelle arene di Los Angeles e Londra.
 
Diretto da Kahlil Joseph (vincitore nel 2013 del premio Grand Jury al Sundance Film Festival per il
miglior cortometraggio), co-prodotto dalla Pulse Films (20.000 Days on Earth), Arcade Fire: The Reflektor Tapes, oltre a presentare i brani estratti da Reflektor e dagli album precedenti della band, offrirà agli spettatori la possibilità di ascoltare per la prima volta un nuovo brano inedito e gustarsi un esclusivo filmato di 20 minuti mai mostrato prima, girato appositamente per il pubblico delle sale cinematografiche.
 
Il pubblico avrà l'opportunità di rivivere sul grande schermo i concerti sbalorditivi del Reflektor tour, concepiti per garantire la migliore definizione cinematografica e un potente audio surround. Il film offrirà inoltre a tutti i fan la rara opportunità di esplorare sotto la superficie della musica per avvicinarsi ancora di più alla band. Gli Arcade Fire hanno infatti concesso al regista un accesso totale e senza precedenti alle proprie giornate con lo stupefacente risultato di unire in modo fluido filmati personali inediti, interviste, testimonianze del processo di registrazione e momenti catturati dalla band stessa.
 
Arcade Fire: The Reflektor Tapes è distribuito in Italia da Nexo Digital in collaborazione col media partner Radio DEEJAY.
L'elenco dei cinema sarà a breve disponibile su www.nexodigital.it
 
 

domenica 19 luglio 2015

BURYING THE EX

di Matteo Marescalco
 
Quanto è dura mollare la propria ex fidanzata vegana.
Soprattutto se quest'ultima, dopo esser morta, si trasforma in uno zombie e continua a perseguitarci!

Figlio della cucciolata Corman, Joe Dante è tornato alla 71esima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia per presentare, fuori concorso, Burying the ex, zom com sulla fine di una relazione sentimentale.
Tra i maggiori esponenti della New Hollywood e di quel gruppo di registi che, tra la fine degli anni '70 e gli '80, hanno creato storie fantastiche e, a tratti, orrorifiche, giocando sulle fattezze artigianali ed innestando elementi di satira sociale senza perdere mai l'amore per i prodotti di serie B di cui i loro film si nutrono, Joe Dante ha vissuto un periodo meraviglioso dopo il successo di Piranha, L'ululato e Gremlins. Questi tre successi hanno lanciato il regista americano nell'empireo dei realizzatori di horror per ragazzi.
Una serie di flop al botteghino e di stroncature critiche lo hanno costretto a tergiversare sulla televisione e su progetti minori, dopo anni di travagli finanziari.

In Burying the ex si respira tutta la passione per il cinema di questo regista che non ha perso occasione per piazzare riferimenti ai suoi maestri italiani (da Bava e Fulci fino a Margheriti) e stranieri (immancabile il marchio Romero sul camion di una ditta e gli omaggi alla Hammer con Vincent Price e Christopher Lee) e per invitare, ancora una volta, per un cammeo Dick Miller, volto simbolo del genere horror con più di cento titoli all'attivo.

La storia è semplice. Lui ha in gestione un negozio di articoli macabri e ha la passione per gli horror anni '60; lei è una blogger ambientalista e vegana che non perde occasione per stargli col fiato sul collo. Nel mezzo, il fratellastro di lui, un mix tra Jonah Hill e Seth Rogen.
E una ragazza, anche lei appassionata di cinema horror e cultura popolare, e proprietaria di una gelateria artigianale.
La coppia è in crisi, lui vuole lasciare lei ma non ha il coraggio di dirglielo, fino a quando un incidente mortale sottrae la ragazza alla vita. Dante ridacchia e sembra farci pensare, non senza una sfumatura macabra: «Tutto è bene quel che finisce bene?».
Non sempre.
Soprattutto quando un ragazzo e una ragazza si promettono amore eterno davanti ad un vecchio genio satanico. Il cadavere della ex, letteralmente, torna alla luce e perseguita la nascente nuova coppia fino allo spassoso finale.

Dimenticate la satira sociale e l'horror nudo e crudo. Le venatura splatter e il gusto per la suspense non mancano assolutamente, accompagnate dall'amore per una certa artigianalità di fondo (magari imposta dal risicato budget).

Dicevamo, Joe Dante è un gran cinefilo e non perde occasione per dimostrare il suo immenso e
sconfinato amore per la settima arte. Da molti è considerato soltanto un mestierante, legato all'horror con tratti comici, generi erroneamente bannati come minori ma che, qui, vengono usati come pretesto per una semplice e lineare riflessione sui rapporti di coppia. Niente di complesso e particolarmente intricato.
Ma tutta l'operazione è condotta con l'intelligenza e la freschezza che, spesso, mancano alla maggior parte dei registi contemporanei.

La narrazione è sviluppata con brio, facendo ricorso, più volte, a sequenze costruite con montaggio alternato e parallelo. Divertentissimo, a tal proposito, l'accostamento della scena di sesso e della lotta tra zombie e la sua preda. In fin dei conti, è sempre una questione di corpi.
Colpisce vedere un film così divertente realizzato dalle mani di un regista sessantottenne.
Ah, quanto sono terribili questi giovani vecchietti!