di Egidio Matinata
Arriverà nelle sale italiane il 15 gennaio il
kolossal biblico di Ridley Scott, accompagnato da tutte le polemiche di cui è
stato oggetto durante la fase di lavorazione, le quali hanno influito, in parte, sull’andamento al box-office del film negli Stati Uniti.
La storia narra le vicende di Mosè e della liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù degli egizi. Materia già trattata nella storia del cinema, come ne I dieci comandamenti o nel film d’animazione Il Principe d’Egitto.
La storia narra le vicende di Mosè e della liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù degli egizi. Materia già trattata nella storia del cinema, come ne I dieci comandamenti o nel film d’animazione Il Principe d’Egitto.
Nella sua carriera, Ridley Scott è sempre stato abile
nel costruire mondi e universi che non avevamo mai visto, come in Alien e Blade Runner, o nel ricostruirli, come ne Il Gladiatore. Torna al cinema, dopo il criticato The Counselor, con un film che ha fatto
già storcere il naso a molti. Ed è uno dei pochi casi in cui la massa ha ragione,
e non tanto per i motivi che hanno fatto alzare il polverone delle accuse, ma
per la realizzazione del film in sè.
Exodus fallisce nel compito primario che un prodotto
del genere si deve prefiggere: produrre e trasmettere epicità. La spettacolarità
delle immagini rimane mera carta da parati intorno ad un involucro vuoto. Una
colonna sonora anonima si protrae per tutta la vicenda senza emozionare mai il
pubblico. Il supporto del 3D poi, più che creare la sensazione di una maggiore
profondità, diventa solo la causa di un forte mal di testa.
Si resta profondamente estranei a tutta la
vicenda, senza entrare mai in empatia con i personaggi. Sia per la costruzione
di questi ultimi che per la struttura del film. Scegliendo di omettere la parte
riguardante la giovinezza dei protagonisti, lo spettatore ha la sensazione che
la storia cominci in medias res, aspettando sempre che ci sia qualche flashback
che ci mostri qualcosa in più; non perché se ne abbia bisogno (ovviamente tutti
conoscono la storia), ma per dare alla vicenda un maggior senso di
coesione. La gestione dei personaggi, unita all’uso
di attori “sprecati” è uno dei punti più dolenti di tutto il film. John
Turturro e Sigourney Weaver vengono utilizzati per pochi minuti, Ben Kingsley
risulta impalpabile e Aaron Paul recita quattro o cinque battute per poi
rimanere con la stessa espressione dubbiosa e impaurita e con la fronte
perennemente aggrottata per il resto del film. L'ultima fatica di Ridley Scott resterà nella memoria
più per il polverone delle polemiche che per il film in sè. Un progetto totalmente sbagliato, dove anche l’unico tentativo di
rappresentare qualcosa di nuovo (il Dio/messaggero bambino) lascia totalmente
perplessi.
Visto il trailer (con presentazione della voce di DMAX) mi sa di vaccata, ma ci volevo portare mia nonna, giusto per il tema affrontato
RispondiEliminaUAHUAHAUAHAUAHAUAHA
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