Powered By Blogger

martedì 20 agosto 2013

FRANKENWEENIE

di Matteo Marescalco

"Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri".
(Niccolò Ammaniti)


Victor Frankenstein è un ragazzino isolato e solitario con la passione per il cinema e la scienza e che si diletta a realizzare film amatoriali con il suo amato cagnolino Sparky. Un giorno, Sparky viene casualmente travolto ed ucciso da un'auto, evento che getta Victor nello sconforto, che, in seguito ad un esperimento su una rana durante una lezione scolastica di scienze, prova, riuscendoci, a riportare in vita il suo cane. Ma, Victor, con il suo gesto, ha valicato il confine tra la vita e la morte generando una serie di sdegnose reazioni nella puritana comunità americana in cui vive.
Dopo aver realizzato due film (Alice in wonderland e Dark Shadows) decisamente non riusciti e che hanno spinto i critici di mezzo mondo a decretare la sua morte artistica, Tim Burton è tornato alle origini, portando nelle sale cinematografiche Frankenweenie, film d'animazione in stop-motion, basato sull'omonimo cortometraggio diretto nel 1984. Abbiamo detto che Tim Burton è ritornato alle origini perchè in Frankenweenie ha pescato nella sua infanzia di periferia, omaggiando i suoi amori di ragazzo isolato, di freak, i film dell'orrore con Vincent Price, a cui, tra l'altro, ha reso omaggio nel suo primo corto di animazione a passo uno, Vincent, e che successivamente ha chiamato ad interpretare il padre di Edward mani di forbice, Frankenstein del 1939 diretto da Whale, King Kong, Godzilla, Il mostro della laguna nera, Gli argonauti, La moglie di Frankenstein, Gli uccelli di Hitchcock. E perchè, in fondo, la storia di Victor Frankenstein e di Edward mani di forbice, mostro in terra di mostri, costretto a lasciare il suo castello sulla collina per vivere in un contesto di villette a schiera color pastello, è la stessa di Tim, ragazzino incapace di comunicare con gli altri e con la sua famiglia, come dice egli stesso: "Da piccolo ero molto introverso(...), era come se mi lasciassi galleggiare, non lo considero il periodo più bello della mia vita(...). La musica punk e il cinema mi hanno salvato, mi sono serviti emotivamente. Non avevo molti amici, ma c'erano tanti di quei film strani in giro che potevi passare il tempo anche senza amici. Potevi vedere ogni giorno qualcosa di nuovo, qualcosa capace di colpirti. (...)io sentivo che spesso i mostri venivano visti dalla gente in maniera sbagliata e che in molti casi erano più sinceri di tutti gli umani che li circondavano".
Anche se azzardato, non appare del tutto fuori luogo un accostamento tra i film di Burton e quelli di David Lynch, entrambi, infatti, si sono più o meno soffermati, giungendo, ovviamente, a differenti conclusioni, sul lato oscuro ed osceno nascosto sotto la facciata di apparente perbenismo della società americana puritana. Entrambi, nei loro film, hanno omaggiato il cinema espressionista tedesco, utilizzando le ombre come oggettivazione della presenza del Male nel mondo e come sostituto fantasmatico del corpo umano, entrambi si sono soffermati sul sottile confine che separa vita e morte, veglia e sonno, prestando particolare attenzione ad apparati e corpi macchinici (la macchina da presa di Lost Highway, Edward, Sparky-Golem di Frankenweenie). Se i film di Lynch, però, hanno costituto una radicale esperienza di superamento della realtà tradizionale e di invenzione di un nuovo enigmatico orizzonte del visibile, con la configurazione di un nuovo mondo, capovolgimento fantasmatico del mondo sensistico e proiezione dei più oscuri ed osceni desideri umani, Burton si è soffermato, più che altro, sull'alterità che invade con la sua carica "sovversiva" e moderna il mondo tradizionale e becero della zona residenziale americana di provincia.
Frankenweenie è un gioiello, è per il regista di Burbank ciò che è Sparky per il piccolo Victor, il suo cucciolo, il suo amico inseparabile, il sogno che Burton coltivava da una vita, compendio della sua filosofia autoriale e della sua filmografia, dei suoi problemi adolescenziali e delle sue passioni (i personaggi ricordano Boris Karloff, lo stralunato Peter Lorre, Vincent Price, i mostriciattoli in stile Gremlins) ed infine, omaggio autoreferenziale a se stesso (anche Il mistero di Sleepy Hollow terminava dentro un mulino in fiamme, ed entrambi i film sono caratterizzati dalla presenza di un protagonista che si fida ciecamente delle possibilità offerte dalla scienza per compiere un gesto d'amore in cui il gesto d'amore stesso si pone come l'elemento fantastico, come quel qualcosa "in più", incomprensibile alla ragione, da cui Ichabod Crane si teneva a debita distanza; Stranella, la ragazzina bionda padrona del gatto chiamato Signor Baffino, rimanda in modo evidente alla Staring Girl che ha animato una poesia del suo libro The Melancholy Death of Oyster Boy & Other Stories).
Sembra che, finalmente, la Disney abbia lasciato a Burton un proprio spazio creativo ed, in effetti, l'estro gotico del regista non fatica a mostrarsi soprattutto nel tema trattato, inusuale per un film d'animazione. Il punto di forza del film risiede non solo nella messa in scena e nell'organizzazione delle inquadrature e delle angolazioni di ripresa o nella caratterizzazione dei personaggi, (quasi) tutti ben definiti, spinti da precise e determinate motivazioni, ma anche nel sapore malinconico, commovente e nostalgico della descrizione di un tempo che fu, che non esiste più, di un'artigianalità manuale che è stata soppiantata da moderne tecnologie digitali, di un'infanzia ed adolescenza (autobiografica) che, per quanto possano essere state tristi o sofferte, sono state fondamentali nella formazione del Tim Burton artista e uomo.
 


Voto: ★★★1/2

2 commenti:

  1. La Disney dà lo spazio solo perché ha visto in lui una fonte di guadagno, non lo fa certo per aver riconosciuto l'estro artistico o le abilità dietro la macchina da presa.
    L'errore più grande di Burton è stato voler riprendere un concetto già perfettamente espresso nel corto del 1984, con tempi e modalità perfetti, IMHO...
    continuo a considerare questo, come tutti gli altri suoi, delle meraviglie

    RispondiElimina
  2. Assolutamente...gli incassi stratosferici di Alice sono stati una boccata di ossigeno per il Burton di Dark Shadows (qua è la sceneggiatura ad essere bucherellata) e di Frankenweenie. Si, il concetto era già stato espresso bene, però questo film lo vedo come un indispensabile atto di amore verso un determinato tipo di cinema e le sue passioni, come un sogno o un desiderio che voleva realizzare ad ogni costo. E poi, magari, l'ultimo Frankenweenie potrebbe spingere il grande pubblico ad andare a recuperare quello dell'84 (o magari se ne sbatte lo stesso).

    RispondiElimina